Una storia vera

Mensa Italia
7 min readApr 28, 2023

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In fondo, la verità è una bugia che non ce l’ha fatta

Sabato sera, ore 21:40.

Al Madison Square Tomb di Gerusalemme stava per svolgersi quello che la stampa aveva definito il più grande incontro di boxe mai organizzato. Biglietti esauriti da mesi; sponsor in guerra per ottenere gli ultimi spazi pubblicitari; bookmakers tenuti in vita dal doping; non c’era canale televisivo sulla faccia della Terra che non avesse tentato di accaparrarsi l’esclusiva.

Lontano dal trambusto, durante i minuti che precedevano l’evento, i due pugili contendenti si preparavano psicologicamente all’incontro; nessuna intervista, nessun contatto con l’esterno. Nulla doveva turbare la loro concentrazione, la posta in gioco era troppo alta.

Nella stanza in fondo al corridoio, sulla destra, l’allenatore del primo dei due pugili, in un elegante completo beige, dietro a una lunga barba bianca, cercava di dare la carica al suo pupillo: un ragazzo poco oltre la trentina, coperto da un lungo accappatoio bianco dal quale spuntavano morbidi riccioli mori.

“Come ti senti?”

“Posso farcela.”

“Ce la farai.”>

“Dicono tutti che vincerò, ma sono stanco e ho fame, è da giovedì che non mangio, e venerdì non ho avuto una bella giornata.”

“Ma sabato hai riposato!”

“Ero stanco morto!”

“Passerà. Ora respira forte.”

Nella stanza a sinistra, il secondo pugile sedeva da solo sulla sua panca. Nessun allenatore. La sua figura, magra e longilinea, era coperta da un accappatoio nero opaco; tra le labbra rigirava un enorme sigaro che saturava l’aria col suo fumo. Il silenzio e la temperatura erano glaciali.

Impietoso, come solo il tempo sa essere, l’orologio segnò l’ora che tutti quanti stavano aspettando: le ventidue in punto.

I due pugili uscirono dagli spogliatoi e raggiunsero la sala gremitissima, al centro della quale troneggiava il ring su cui si sarebbe svolto l’incontro. Tra l’eccitazione e l’impazienza generale, lo speaker elargiva saluti e ringraziamenti, declamando le frasi di rito previste dal protocollo e creando, così, il climax necessario per scaldare ulteriormente il pubblico.

Ed ecco che, all’improvviso, il volume della diffusione si alzò e, potente come il suono le trombe di Gerico, la musica scelta dall’atleta in divisa nera, “Scorched Earth Erotica” dei Cradle of Filth, diede l’opportunità allo speaker di annunciarlo.

La folla era in estasi. Il pugile avanzò a passo lento e deciso, mentre lo speaker urlava: “Ed ecco a voi il nostro campione in carica, imbattuto, con un numero incalcolabile di incontri disputati, tutti vinti per K.O., 190 cm d’altezza, 60 kg di peso, spietato, inarrestabile, l’angelo nero, il tristo mietitore dal pugno di falce, signore e signori: LA MORTE!”.

Dalla folla si levò un urlo che aveva dell’inumano, mentre la Morte, levandosi di dosso l’accappatoio, si mostrò a tutti come un essere deforme, dalla pelle grigia, ruvida e raggrinzita, con estremità ossee in rilievo e un viso scavato e inespressivo.

Dopo che la Morte ebbe raggiunto il ring, l’atmosfera si quietò e venne il turno di annunciare il pugile in bianco. Musica di sottofondo: “Laudato sii, o mi’ Signore”, di DJ Francesco d’Assisi.

La folla restò perplessa mentre il pugile avanzava verso il ring a piccoli passi, guardandosi intorno, come spaventato.

Lo speaker annunciò: “Ed ecco a voi lo sfidante, al suo primo incontro da pugile, dopo aver fatto da secondo a Lazzaro. Ricordo a quelli che non avessero seguito il match a cui mi sto riferendo che Lazzaro, a sua volta, aveva sfidato il nostro campione in carica, dandogli del filo da torcere, senza, però, riuscire a strappargli la vittoria. Ad ogni modo: 176 cm d’altezza, 67 kg di peso, misericordioso, infinitamente buono, il progenitore di ogni fricchettone, lo scugnizzo di Nazareth, il figlio di… per piacere, non fatemi ridere! Gesù, detto il Cristo!”.

Dalla folla si alzarono risate di scherno e, contro il Cristo, furono lanciate diverse confezioni di pop-corn. Gesù le afferrò con agilità e le divorò, quasi a voler simbolicamente porre fine al suo digiuno forzato.

“Una Coca Cola per mandarli giù?”, chiese, e fu subito accontentato. L’impatto della lattina col cranio di Cristo fece sussultare la folla: un trauma cranico avrebbe mandato a monte l’incontro, ma Gesù non si scompose e si dissetò con gusto, mostrandosi sorridente verso le telecamere.

Levandosi di dosso l’accappatoio, lo scugnizzo di Nazareth fece sfoggio di un fisico esile, ma scolpito nel legno, con addominali invidiabili.

Una volta che entrambi furono sul ring, l’arbitro li richiamò dai loro angoli e si preparò per dare inizio all’incontro.

“Le regole le sapete, niente colpi sotto la cintura, dopo 10 secondi al tappeto si è eliminati.”

“Per quel che mi riguarda può colpire anche sotto la cintura” disse la Morte.

“Lo farò, stanne certo!” rispose Gesù che, nel dirlo, si scostò leggermente.

“Salutatevi” concluse l’arbitro.

I pugili tesero le braccia. Era Gesù che doveva battere per primo sui guantoni della Morte; il Nazareno compì timidamente il gesto che provocò un inquietante scricchiolio dei polsi dell’avversario.

Dopo aver rimesso a posto i metacarpi, la Morte colpì a sua volta i guantoni del Cristo, producendo un secondo rumoroso crack. Anche i metacarpi di Gesù avevano ceduto e, sfortunatamente, per lui, non c’era alcun modo di rimetterli a posto.

I pugili tornarono ai loro angoli.

La Morte era spavalda, Gesù era dolorante, e più volte si lasciò andare a bestemmie contro Buddha, ché non era peccato. Qualcuno disse anche che era cosa buona.

Sul ring si fece strada una graziosa ragazza in topless, coperta solo da un perizoma rosso tempestato di brillantini, che portava con sé un cartello su cui si leggeva: “PRIMO ROUND — Questo spettacolo vi è offerto da Sapone Pilato. Sapone Pilato: e lavarsi le mani sarà un piacere!”

Erezioni a profusione salutarono la sua performance. Nessuno restò indifferente al corpo della ragazza; solo dai pantaloncini della Morte non sembrava provenire alcun segno di vita.

Suonò il gong, i pugili si alzarono e l’incontro ebbe inizio. La Morte si fece subito sotto, mentre Gesù opponeva una povera difesa che culminò in un sonoro diretto ben assestato da parte del bieco mietitore.

“Ehi, non sul costato, non vedi che sono ferito?” bofonchiò Gesù.

“Non me ne importa una sega!” replicò la Morte.

L’attacco della Morte incalzava con combinazioni serratissime, la difesa di Gesù era sempre più carente.

“Ehi, ama il prossimo tuo come te stesso!” urlava Gesù.

“Non me ne importa una sega!” rispose nuovamente la Morte.

Gesù finiva ripetutamente alle corde, piegandosi su se stesso come un ragazzino che le sta prendendo dal bullo di turno. Dopo un’altra serie di colpi che provocarono un taglio al sopracciglio del Cristo, la faccia di Gesù divenne una maschera di sangue. Fu il suono del gong a fermare per un attimo la carneficina.

All’angolo di Gesù, una sua fan, Veronica, si prodigò a detergergli il viso con un asciugamano. Ne venne fuori una nuova copia della sindone che uno sparuto gruppetto di fanatici iniziò subito ad adorare.

Di nuovo sul ring. La ragazza con le tette al vento segnalò l’inizio della seconda ripresa.

Gesù continuava a incassare colpi su colpi. “La Morte è una macchina per uccidere” commentò lo speaker, generando lo sdegno del pubblico che corse subito sui social a commentare con l’hashtag #cringe.

L’incontro era a senso unico. Dagli spalti, un cireneo impietosito urlò: “Gettate la spugna”, mentre il sinedrio continuava a incitare la Morte urlando: “Buma Ye! Buma Ye!”

Ancora un gancio ben assestato da parte della morte e Gesù cadde al suolo per la prima volta.

L’arbitro iniziò a contare.

“Uno, due, tre…”

“Ehi, ehi, calma! mi sto alzando!” sospirava il Cristo a mezza voce.

“Quattro, cinque, sei…”

“Un momento, sono quasi in piedi!”

“Non me ne importa una sega!” disse l’arbitro, e continuò. “Sette, otto…”

Gesù riuscì a rimettersi in piedi, ma durò poco: un uppercut della Morte lo spedì al tappeto per la seconda volta. Fu ancora il suono della campanella a salvarlo, stavolta dal K.O.

All’inizio del terzo round, la Morte rise di gusto e, piazzandosi davanti a Gesù, iniziò a fissarlo senza muovere un muscolo. Anche Gesù restava fermo. La Morte, a sorpresa, alitò su di lui e Gesù cadde per la terza volta.

Il Cristo sembrava aver perso i sensi. L’arbitro iniziò la conta, mentre lo scugnizzo di Nazareth si ritrovò immerso in una sorta di sogno.

“Gesù!” tuonò una voce.

“Chi sei?” rispose Gesù.

“Sono Papà!”

“PAPÀ!” frignò Gesù, “LA MORTE MI PICCHIA!”

“Devi usare la Forza!” continuò la voce.

“No, pensaci tu!”

“Impegnati, figliolo. Che figure mi fai fare?”

“Ma non lo aiuti tuo figlio?!”

“Non me ne importa una sega!”

“MA PAPÀ!”

“Scherzavo, scherzavo, ora alzati però!”

Gesù raccolse le poche forze che gli erano rimaste e tornò in piedi sul nove, cercando di avanzare, seppur barcollante, verso il suo avversario. Inaspettatamente trillò un cellulare.

“Si?” rispose la Morte.

“Morte?”

“Moggi?”

“No, non sono Moggi!”

“Echi sei?”

“Sono YHWH… il padre di Gesù!”

“E che vuoi?”

“Un favore, visti i nostri trascorsi. Abbiamo spesso lavorato assieme, che ne diresti di perdere l’incontro contro di lui?”

“Ho una reputazione da difendere, io!” tuonò la Morte.

“Dai, fallo per me!”

“Non me ne importa una sega!” disse la Morte riagganciando e assestando un poderoso diretto allo zigomo di Gesù che stramazzò definitivamente al suolo.

Dopo solo tre riprese, il tristo mietitore si era aggiudicato l’incontro per K.O., tuttavia…

…tuttavia, nelle ore seguenti, il padre di Gesù, che era facoltoso e pieno di appoggi, convinse i giornalisti a scrivere che, quella notte, era stato suo figlio ad aggiudicarsi l’incontro, riuscendo nell’incredibile impresa di sconfiggere la Morte.

La cronaca di quell’incontro è stata tramandata in questa versione fino ai giorni nostri, accompagnata da diverse leggende che alcuni fan del giovane pugile nazareno scrissero in seguito. Avventurandosi, però, nelle brulle terre di Galilea, è ancora possibile ascoltare i racconti dei vecchi saggi del luogo che, senza alcun timore, raccontano come, in realtà, per quanto si sia cercato di insabbiare i fatti di quella notte, questi si siano svolti esattamente come avete appena letto.

Gaspare Bitetto

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