Un errore tira l’altro

L’impossibile impresa di imparare dagli errori.

Mensa Italia
5 min readNov 10, 2021

“Ho sbagliato tante volte ormai che lo so già
Che oggi quasi certamente sto sbagliando su di te
Ma una volta in più che cosa può cambiare
Nella vita mia”

Bruno Lauzi e Ornella Vanoni

L’errore è il fratello minore del peccato e del reato.

Il peccato è una violazione volontaria dell’ordine morale, punibile — per i credenti — con pene severe nell’aldilà.

Quando valica il confine dall’etico al giuridico, il peccato diventa punibile anche nel mondo terreno: l’eccessivo attaccamento ai beni materiali potrebbe costarvi la permanenza eterna nel quarto cerchio dell’Inferno dantesco, ma per il reato di concussione considerate più probabile l’incarcerazione dai quattro ai dodici anni. Anche se il carcere può essere evitato grazie alla clemenza della corte, un reato accertato può comunque avere serie conseguenze pubbliche.

In confronto, l’errore sembra inoffensivo, perché a tutti capita di sbagliare, ma non a tutti di commettere reati punibili con sanzioni o con il carcere. Purtroppo l’imperfezione del linguaggio complica le cose perché permette di definire con il termine errore sia l’infrazione nei confronti di una regola (di grammatica, di stile, ecc…) che l’azione inopportuna e svantaggiosa.

La familiarità con il primo tipo, rende l’errore banale, a volte invisibile, e in genere di facile correzione; i risultati di azioni inopportune, invece, sono difficili da definire come errori, perché si vive una volta sola e non c’è modo di stabilire se la nostra vita avrebbe potuto essere migliore scegliendo un’altra strada.

L’errore però è democratico perché offre le stesse probabilità di sbagliare sia a quelli che prendono una decisione dopo un’attenta analisi e una sofferta ponderazione, sia a quelli che si fidano dell’istinto.

L’errore è anche imparziale con gli ottimisti e con i pessimisti: gli ottimisti — probabilmente pensando alla categoria delle infrazioni — credono che sia possibile imparare dai propri errori (e applicandosi al massimo, magari anche da quelli altrui); i pessimisti — probabilmente focalizzandosi sulle azioni inopportune — non solo pensano che non si impari assolutamente nulla, ma che si tenda a ripetere gli stessi errori.

Tendenza ben nota in psicologia come coazione a ripetere: prendendo ad esempio la categoria degli impazienti, indipendentemente dalle circostanze, questi continueranno a sbagliare agendo avventatamente, senza valutare pericoli e conseguenze. I risultati di una decisione frettolosa variano a seconda delle circostanze: certe situazioni si prestano meglio a decisioni rapide e rischiose, altre richiedono più prudenza, ma l’impaziente agisce in base alla propria personalità e non alle circostanze.

Quindi a seconda dei difetti personali è inevitabile commettere un certo tipo di errori, senza premeditazione e perfino senza alcun piacere o vantaggio personale.

“Ciò che non abbiamo scelto non possiamo considerarlo né un nostro merito né un nostro fallimento”.

- L’insostenibile leggerezza dell’essere

Essendo esente da dolo, ovvero di volontà cosciente di creare danno, e quindi non regolamentato da alcuna legge (del contrappasso o meno), un errore non dovrebbe comportare punizioni. Invece, a volte le conseguenze di errori che neppure si considerano come tali, perché fanno parte del nostro modo di affrontare la vita, possono essere crudeli e perfino catastroficamente sproporzionate all’azione.

Nel romanzo di Kundera, L’insostenibile leggerezza dell’essere, Tomáš, il protagonista maschile, un uomo che prende la vita alla leggera e che oltre alla professione medica ha interesse solo per le donne, pur senza avere il minimo interesse per la politica, commette un errore che gli costerà, nell’allora Cecoslovacchia sovietica, carissimo.

Una discussione pubblica tra le più seguite nel paese verteva sul fatto che i funzionari comunisti fossero o meno al corrente delle atrocità commesse dal regime.

Per Tomáš non importava se ne fossero o meno a conoscenza, ma il fatto che una volta resi pubblici i crimini, chiunque fosse coinvolto dovesse sentirsi colpevole. L’esempio di Tomáš era Edipo, che venuto a sapere di essere diventato re di Tebe dopo aver ucciso suo padre e aver sposato la sua propria madre, decise di accecarsi perché non sopportava la vista delle disgrazie che aveva causato e dopo aver errato in maniera così spettacolare, abbandonò il regno per diventare un mendicante.

Tomáš scrive una lettera a un settimanale a bassa tiratura, letto prevalentemente da intellettuali, e la sua lettera viene pubblicata nella rubrica della posta con il testo modificato in modo da suggerire che i sovietici dovessero cavarsi gli occhi e tornarsene a casa. Tomáš non apprezza le modifiche che rendono il suo testo schematico e aggressivo, ma non protesta.

Dopo qualche tempo, gli viene chiesto di ritrattare pubblicamente per non perdere il proprio prestigioso lavoro di chirurgo. Tomáš deve decidere se sia più importante il suo onore e quindi non ritrattare anche se il testo pubblicato non lo sente più come suo, o se sia più importante la professione di chirurgo, fino a quel momento la sua principale motivazione di vita.

“Questa insistenza che uno ritiri pubblicamente affermazioni passate ha in sé qualcosa di medioevale”.

- L’insostenibile leggerezza dell’essere

In quanti avevano letto l’articolo di Tomáš? Quali potevano essere le conseguenze pratiche di quella lettera?

A causa dell’ottusità dei sovietici, l’innocuo Tomáš viene trattato come una mosca da eliminare con una bomba atomica. I funzionari sovietici di fronte al suo diniego, prima gli impediscono di professare la chirurgia in ospedale e poi anche di lavorare in uno studio privato, consentendogli solo un umile impiego di lavavetri, per cui la sua intera esistenza viene sconvolta permanentemente da un solo errore.

Cosa ci sarebbe da imparare da questa vicenda? Non scrivere lettere con riferimenti mitologici a riviste letterarie? Non provocare funzionari dello stato, sovietici o di qualunque altra nazionalità, perché tutti generalmente privi di senso dell’umorismo? Tomáš non può ripetere questo errore perché le sue circostanze sono cambiate e non perché ne abbia ricavato un’importante lezione.

Il dramma dell’evento sta nelle conseguenze sproporzionate di un’azione forse avventata ma non di grande importanza perché l’epilogo del romanzo include non solo la perdita del lavoro, ma la morte prematura del protagonista a seguito del concatenarsi degli eventi.

Al di là delle vicende letterarie, vale comunque la pena di restare ottimisti: se vi capita di rimpiangere certe decisioni che in retrospettiva appaiono come sbagliate, potete sempre consolarvi pensando che scegliendo altre opzioni sarebbe potuto andare anche peggio.

Di Daniela R. Giusti

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