L’estate che verrà
La lunghissima attesa di un futuro prossimo.

L’estate che verrà desidero, ostinatamente, immaginarla così.
Dopo la pioggia e l’antico immutato timore del tuono, alla fine, quest’estate, farà caldo, come sempre.
Usciremo da questo lungo letargo diversi, cambiati, coi capelli un po’ più lunghi e con il colorito un po’ più pallido; guarderemo a un mondo un po’ diverso e in un modo un po’ diverso. Come tutti gli anni c’è chi farà più presto ad abbronzarsi.

Gli odori avranno un profumo diverso, i sapori saranno più intensi quando mangeremo all’aperto. Sorrideremo ancora più del solito. Le notti saranno pregne di pensieri distratti, cuscini, sdraio nei giardini, suono incessante di natura viva. Guarderemo più spesso in alto e ci sorprenderemo più di prima della luminosa persistenza delle stelle. Di sera cammineremo di più, in gruppetti, e apprezzeremo l’odore dell’asfalto in raffreddamento mentre assaporeremo il nostro gusto preferito di gelato. Il gelataio sarà più contento, la cameriera ancora più sorridente. Negli angoli più bui delle strade, dei parcheggi e dei campi ci saranno più auto coi vetri appannati di desiderio, e le noteremo, senza davvero notarle, con uno spontaneo moto di gioia che vorremo tenere per noi. Più ragazzini si terranno per mano e coloro a cui non piacciono le smancerie in pubblico dovranno forse abituarsi, ma forse si sorprenderanno nell’accorgersi di non esserne più così infastiditi.
Spenderemo più soldi e con meno cura, spesso per piccole cose e desideri del momento. Faremo tutti, mediamente, un’ora più tardi quando usciremo la sera. Berremo di più o berremo di meno, ma mai uguale a prima. Molti di noi riprenderanno quella vecchia abitudine ormai un po’ persa di salutare gli estranei che si incontrano per la strada, di scambiare due chiacchiere in fila alla cassa e di ringraziare spesso. Quando parleremo, tenderemo a cercare di più il contatto fisico: ci toccheremo le braccia, le spalle, i fianchi, le mani, tenderemo a scherzare tanto. Sì, anche al sud, ancora più di prima.
Che impazienza: ogni minuto mi ritrovo a pensare e a guardare l’orologio, il calendario, il cielo là fuori, per contare quanto manca all’estate e a quel momento in cui torneremo tutt’uno. Mi perdo in questo pensiero in ogni secondo libero, mentre fiotti di gioiosa ansia e il desiderio di ricominciare mi scorrono dentro.
Non vedo l’ora di vederci così: più fieri, più sereni, più convinti del nostro posto nel mondo, persino più seri anche se si sa che siamo italiani e “gli italiani non prendono mai nulla sul serio”.
Saremo tutti più attenti, più posati, responsabili e pronti, consapevoli di chi siamo, di cosa abbiamo fatto, di cosa ci aspetta e di cosa, insieme, faremo, di come stupiremo il mondo, di come il mondo sia già stupito anche solo della nostra esistenza.
Ricalibreremo le giuste proporzioni su molte cose, riusciremo a distinguere meglio ciò che è davvero serio da ciò che è davvero sciocco. Forse la gente smetterà di dare quell’incongruo e morboso peso alle battute, si potrà tornare a prendere meno sul serio tutto, nessuno si sentirà ferito o offeso da quelle che vedrà nuovamente come sciocchezze, e il politicamente corretto non sarà più al di là di ogni senso del limite.
A proposito, guarderemo diversamente anche la politica e i politici, e coloro che si candideranno e verranno eletti per governare lo faranno con uno spirito diverso: un interesse personale in meno e un timore per la responsabilità collettiva in più, niente di eccessivo.
Potremo tornare a trovare i nostri vecchi nonni, sbaciucchiarli anche se non vogliono o non si ricordano di noi.
Io stringerò i miei amici ogni giorno, più volte al giorno, e loro faranno lo stesso con me. Saremo così contenti di rivederci, di ritrovare la nostra intimità senza bisogno di parole, la connessione non verbale della presenza fisica delle persone a cui si vuole bene. Saremo felici e rilassati, circondati da noi stessi, e percepiremo un generale benessere di fondo.
Ci immagino tutti più sciolti e tolleranti, a dire il vero. Più ospitali e meno preoccupati verso i nostri vicini stranieri. Certi appelli alla paura non funzioneranno più su di noi e bisognerà cambiare le strategie di comunicazione e marketing.

Forse ce ne dimenticheremo in fretta ma intanto questa estate passerà in modo diverso e a ogni problema di economia, immigrazione, rapporti internazionali, a ogni emergenza, inconveniente, contrattempo o problema, a ogni ragazzone scuro, muscoloso, con lo smartphone e senza permesso che chiede aiuto, a ogni irregolare piegato nei campi di pomodoro, a ogni senzatetto, expat per necessità, giovane in difficoltà, essere umano in stato di bisogno, tenderemo a dare non solo un aiuto distratto, ma un’attenzione emotiva.
E immagino soprattutto quelli che, finora, hanno nascosto le proprie incertezze e i propri conflitti interiori dietro all’intolleranza, provare finalmente la sensazione di aver finalmente superato il proprio blocco.
Li immagino segnati dal cambiamento, a regalare un sorriso agli altri, tutti gli altri, soprattutto quelli in difficoltà, a confortarli e a sostenerli con paziente e serena disponibilità, senza più preoccupazione, anche con poco.
Perché a volte basta davvero poco.
Un sorriso, appunto, o una buona parola; magari anche solo un semplice: “In qualche modo faremo”.
Di Giacomo Zonno
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