L’errore come scelta

Uno strumento per integrarsi?

Mensa Italia
3 min readNov 10, 2021

Quando si pensa a un errore si crede che esso debba essere necessariamente involontario, uno sbaglio che forse si sarebbe potuto evitare con maggiore attenzione, competenza, ponderazione, previsione delle conseguenze, circostanze favorevoli.

Un errore viene spesso vissuto con rimorso e dispiacere per non essere riusciti a scongiurarlo, per non aver messo a frutto tutte le risorse a propria disposizione per impedire che si verificasse.

Ma siamo sicuri che sia sempre così? E se vi fossero anche errori voluti, cercati consciamente proprio al fine di sbagliare?

Può sembrare un controsenso ma talvolta le persone possono inseguire l’errore e fingere di sbagliare, di non conoscere le informazioni, di fallire nel problem solving o in una performance. Può capitare che taluni individui pianifichino una vera e propria strategia in tal senso.

Tale atteggiamento talvolta può essere riscontrato nelle persone intelligenti, soprattutto durante l’infanzia e l’adolescenza.

Fin da piccoli i bambini ad alto potenziale cognitivo possono infatti realizzare errori volontari. Sembra incredibile che possano dare una risposta errata riguardo a un argomento a loro noto o fare finta di non essere a conoscenza di alcune informazioni che in realtà hanno ben appreso in quanto più volte approfondite e discusse. Sembra impossibile che possano sbagliare calcoli per loro semplici o fingere di sillabare mentre sanno già leggere fluentemente. Eppure questo accade.

Allora ci si chiede come mai possa succedere. La ragione di tali errori non trova giustificazione nell’incompetenza e nemmeno nella distrazione, si tratta infatti di errori compiuti come scelta consapevole.

La motivazione va piuttosto ricercata altrove. Le cause che talvolta possono spingere le persone intelligenti all’errore volontario sono prevalentemente sociali e relazionali. Una persona ad alto potenziale cognitivo capisce di essere diversa dagli altri. È consapevole di pensare in maniera più complessa rispetto alla maggioranza della popolazione, di abbinare idee in modo insolito, di manifestare interessi inusuali, di fare connessioni veloci e articolate, di avere un ragionamento astratto particolarmente sviluppato, di presentare spiccate sensibilità, intensità ed emotività.

Questo potrebbe risultare un ostacolo nella relazione con gli altri, nel sentirsi parte integrante di un gruppo.

Questi individui comprendono, a proprie spese, che il mondo difficilmente si adatterà a loro e che piuttosto dovranno essere loro ad adeguarsi agli altri.

Ecco che allora l’errore diventa un alleato che può, apparentemente, ribilanciare le diversità.

Ciò accade nei bambini, negli adolescenti e, in alcune situazioni, si può verificare anche in età adulta.

Il desiderio di sentirsi integrati, di entrare in relazione con gli altri, di condividere gli stessi interessi, di fare parte di un gruppo, di non sentirsi “diversi”, può portare a limitare se stessi, a nascondere le proprie conoscenze, a reprimere il proprio pensiero arborescente, adattandosi al contesto.

Le persone intelligenti possono così decidere di commettere errori celando le proprie conoscenze e caratteristiche per mostrarle solamente in situazioni in cui si sentono sicure, accettate, comprese.

Per taluni si rivela complicata la scelta tra il conformarsi e confondersi nel gruppo, e l’essere se stessi, con le proprie conoscenze e le proprie intuizioni. Si deve decidere se rischiare di sentirsi fuori contesto ma autentici oppure sacrificare un po’ di sé a vantaggio della socialità. Per alcuni, dunque, l’errore diviene un mezzo, uno strumento consapevole per integrarsi, per acquisire una maschera dietro la quale nascondere le proprie peculiarità.

Solo il tempo, l’esperienza, una nuova consapevolezza di sé, la rinnovata accettazione della propria unicità, l’acquisita indifferenza per le opinioni del gruppo, la ricerca di persone affini, potrà portare a considerare l’errore volontario come un errore, forse, da evitare.

Di Ermelinda Maulucci

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