L’eredità di Mnemosine e Themis

Memoria e diritto camminano insieme dall’inizio dei tempi.

Mensa Italia
5 min readDec 27, 2020

Mnemosine e Themis, entrambe figlie di Gea e Urano, nate prima dell’avvento degli Dei, incarnavano gli archetipi della memoria e della giustizia, basi della civiltà occidentale.

Non ci può essere società, infatti, senza diritto e senza giustizia, e questi non possono prescindere dalla memoria.

I romani ritenevano che la memoria storica fosse talmente importante da aver inventato un castigo, una pena, la damnatio memoriae, che applicavano per colpe gravissime o che il Senato utilizzava per punire gli imperatori che avevano governato male, erano stati despoti o avevano osteggiato il Senato stesso.

Gli imperatori colpiti dalla damnatio memoriae non ricevevano onoranze funebri e i loro nomi venivano cancellati dalle epigrafi affinché non ne venisse conservato alcun ricordo.

Con l’avvento di internet, oggi abbiamo il problema opposto, anche se si discute molto del cosiddetto diritto all’oblio, soprattutto per fatti di cronaca lesivi della reputazione o filmati divenuti virali.

Un altro punto di contatto tra Mnemosine e Themis è sempre stato il culto dei morti e la pietas che ne accompagna la memoria.

Tutte le civiltà hanno dato grande valore al culto dei morti: i greci ad esempio credevano di ottenere l’immortalità grazie alla gloria in battaglia poiché l’eroe sarebbe stato ricordato in eterno e avrebbe vissuto nella memoria delle generazioni future.

Anche la religione dei Romani aveva un forte culto degli antenati: in ogni casa c’era un altare per officiare sacrifici e pregare i Lari, le divinità protettrici della casa; i Penati, le divinità protettrici della famiglia e i Mani, gli spiriti degli antenati defunti, che proteggevano i propri discendenti che gli rivolgevano preghiere e richieste, un po’ come gli angeli custodi del Cristianesimo.

Mancare di rispetto ai Lari o ai Penati delle altre famiglie era considerato un atto molto grave, tanto che il principio di tutela della memoria dei defunti si trova nell’attuale codice penale, all’art. 410, che punisce il vilipendio di cadavere. La norma vuole tutelare non solo la salma ma anche il simulacro, le ceneri, le lapidi, le tombe e ogni oggetto destinato al ricordo del defunto.

Tornando alla correlazione della memoria con il diritto, in tutti i Paesi occidentali, e in buona parte di quelli mondiali, la legislazione protegge e tutela la memoria storica della Nazione, intesa come cultura e patrimonio artistico-storico. Per esempio, l’art. 9 della Costituzione italiana recita “La Repubblica promuove lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio artistico della Nazione”.

Del patrimonio artistico e storico fanno parte anche i reperti archeologici che, se scoperti all’interno dei confini nazionali, appartengono allo Stato, che quindi deve prendersene cura.

Purtroppo, i beni archeologici e artistici sono oggetto di furto, anche su commissione, e di traffico illegale: sono frequenti i furti di tele o arredi sacri sottratti alle chiese o dalle tombe antiche a opera dei cosiddetti “tombaroli”.

La tutela della memoria storica si è evoluta col passare del tempo: nel XVIII secolo, quando iniziarono i primi scavi di Ercolano e di Pompei, l’archeologiaologia era agli esordi e la sua tutela, da un punto di vista legislativo, era ancora pressoché inesistente. I reperti, infatti, non servivano per darci informazioni sulle antiche civiltà, ma andavano a decorare le dimore o le collezioni dei re, dei nobili o di chi si poteva permettere di acquistarli.

È solo a partire dal XIX secolo che gli studiosi si dedicarono agli scavi di Pompei con l’intento di ricostruire la storia degli antichi popoli. Proprio a Pompei, grazie al direttore Giuseppe Fiorelli, fu introdotto il biglietto d’ingresso per assistere agli scavi e vedere le opere che via via venivano riportate alla luce: in questo modo, per la prima volta, venne sancito il ruolo e il carattere pubblico dei siti archeologici. Da allora la legislazione sulla tutela della memoria storica e del patrimonio artistico-storico ha visto un grande ampliamento.

Dopo l’entrata in vigore del D.lgs. 42 del 2004, “Codice dei beni culturali”, poi modificato nel 2019, la gestione dei beni artistici è gestita dalle Sovrintendenze alle Belle Arti che dipendono, in qualità di organi amministrativi regionali, dal Ministero per i Beni e le Attività Culturali.

Altro punto fondamentale per tutelare e diffondere una memoria condivisa della Storia e dell’arte della Nazione è l’istituzione della “Conferenza Stato-Regioni”, grazie alla quale queste ultime possono esercitare funzioni di tutela su manoscritti, autografi, carteggi, raccolte librarie, libri, stampe e incisioni, carte geografiche, spartiti musicali, fotografie, pellicole o altro materiale audiovisivo, con relativi negativi e matrici, non direttamente appartenenti allo Stato (art. 5).

Il Codice prevede inoltre la valorizzazione del patrimonio culturale (art. 6) attraverso la partecipazione di soggetti privati nei progetti di valorizzazione, tutela e diffusione della memoria storica artistica italiana. È grazie a fondi privati che sono nate in tutto il territorio associazioni culturali che promuovono la divulgazione e la tutela della memoria storica, come ad esempio il FAI.

In un mondo secolarizzato dove la sacralizzazione della memoria storica si intreccia con la necessità di una maggiore attenzione al patrimonio culturale e dove la memoria è fondamentale in tutti i settori della vita privata e pubblica, il diritto che la tutela e regolamenta dovrà essere sempre in continua mutazione per intercettare i cambiamenti e le istanze sociali che riguardano la memoria in tutte le sue forme.

Così Mnemosine e Themis continueranno a procedere insieme come dall’alba dei tempi.

Di Jacopo Pepi.

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