L’entusiasmo di vivere
Una ragionevole follia riempie d’energia la nostra vita.
Eccolo! Solo due uomini tra lui e la porta. Scarta a destra il primo. No. Finta. Scatta a sinistra, si appoggia sul destro. Tiro. GOOOOOOL! Il pubblico è in piedi, parte un urlo corale. In qualche zona dello stadio compare una ola.
L’entusiasmo sportivo è forse il tipo di entusiasmo più noto; un entusiasmo con cui ci si approccia collettivamente alla stessa esperienza, come nel calcio, anche in altri sport, che si tratti di atletica, sci, nuoto o scherma, o di attività dilettantistica. Non è il livello qualitativo assoluto che conta, ma l’intensità del rapporto con gli atleti ammirati o con quello che rappresentano: la città, la nazione, una frangia sociale, un’etnia, un simbolo o un concetto in cui ci si identifica.
Solo un esempio, questo. In realtà si tratta di un fenomeno estremamente complesso, con una pletora di studi non definitivi.
Ciò che definiamo entusiasmo ha una struttura esteriore ben riconoscibile, anzi è forse la più espressiva delle emozioni: gli occhi brillano, il sorriso si apre, i gesti si fanno ampi, le membra sprizzano energia, i movimenti sono veloci e perfino concitati, le azioni sono mirate, l’eloquio accelerato, i pensieri orientati positivamente, ogni presunto ostacolo viene minimizzato oppure attivata la ricerca fiduciosa del suo superamento. La tensione frenetica di questo stato ha qualcosa di così fuori dalla consuetudine che l’antichità l’aveva classificato come uno stato quasi di possessione divina, di fuoco che arde dentro con motivazioni sovrumane: è questo, infatti, che indica il termine entusiasmo, derivante dal greco antico enthusiasmós (ἐνθουσιασµός), composto da en (ἐν, in), theós (θεός, dio) e ousía (οὐσία, essenza). Come dire “avere il dio dentro”, essere invasati, “posseduti dall’essenza di un dio”. Questo termine era utilizzato per indicare tutti quegli stati in cui il comportamento sembrava travalicare i limiti sociali abituali, che fossero la mania amorosa dell’innamorato o la follia orgiastica dionisiaca delle baccanti.
Nella costellazione dell’entusiasmo c’è però molto di più: è un curioso impasto di curiosità, gioia e coraggio, una spinta vitale, un fervore, che si può esprimere genericamente nella quotidianità, in modo contingente, abbracciando ogni piccolo evento, ma può anche guidare l’interesse in vari campi: artistico, letterario, lavorativo, scientifico, politico, religioso e, se diventa un atteggiamento costante, può portare ai migliori risultati. Si differenzia anche per ciò cui si rivolge: si può provare entusiasmo per un oggetto (una cosa, un luogo, un progetto) e quindi desiderio di conquistarlo, possederlo, toccarlo o costruirlo, così come si può provare entusiasmo per una persona, espresso in stima, ammirazione, infatuazione, che può diventare venerazione o fanatismo nei casi estremi. O ancora entusiasmo per un’idea o un ideale, specie se vissuto collettivamente, e allora può essere attivismo, lotta per la conquista degli obiettivi che esso propone. E tutto questo entusiasmo può essere patrimonio spontaneo oppure indotto inconsciamente dalla spiccata personalità di qualcuno, dal suo esempio, che porta a identificazione e imitazione. Perché l’entusiasmo è contagioso. Come una risata. Indotto anche volutamente, spesso, per spingere verso un obiettivo più o meno sensato, secondo le inclinazioni del soggetto guida.
Un entusiasmo che nasce dal profondo dei nostri recessi inconsci può esprimersi in crescendo anche con stupore, deliquio, come nelle estasi dei santi oppure meraviglia, sconvolgimento, fino a rasentare il patologico, come nella sindrome di Stendhal, in cui il rapimento estetico porta batticuore e vertigini, finanche lo svenimento, in conseguenza dell’innamoramento per l’oggetto artistico.
Nel tempo l’entusiasmo è stato osservato e studiato specie per gli effetti macroscopici che metteva in gioco come fattore collettivo. E l’entusiasmo in questione era soprattutto quello politico e religioso.
Voltaire nel suo celebre Dizionario filosofico dedica spazio all’entusiasmo e, nell’onda di un pensiero corrente nel Settecento, ne parla alquanto male, poiché correlato principalmente agli eccessi, paragonato al vino in quanto “può suscitare tanto tumulto nei vasi sanguigni e così violente vibrazioni nei nervi, che la ragione ne viene ottenebrata” e soprattutto riferito all’eccesso di carattere religioso e politico o all’ammirazione sviscerata per una personalità.
Lo stesso Voltaire lo riscatta però nel finale del suo lemma dando una chiave per indirizzare l’entusiasmo: “L’entusiasmo ragionevole è il dono dei grandi poeti (…) è come un corsiero che prenda la mano, ma corra lungo una strada regolarmente tracciata.”
Entusiasmo ragionevole. Ha quasi un sapore di ossimoro, eppure ha senso, e questo non vale solo per i poeti ma per qualunque attività umana, anche nel lavoro giornaliero: se l’entusiasmo vivacizza la nostra attività ma è incanalato nei ragionevoli binari del possibile, è una risorsa che porta ad avere grandi e inaspettati risultati.
Una ragionevole follia che ci porta a travalicare i noiosi limiti dell’ordinario.
L’entusiasmo, come emozione, è una manifestazione evidente, nella postura, nell’atteggiamento, nei gesti, ma cui soggiace un sentimento interno, una percezione, che può avere un’estensione e un impatto più ampi di quello che ci si aspetta dal contesto di una specifica emozione, tanto che Antonio Damasio, uno dei più importanti neuroscienziati contemporanei, ne parla come ‘emozione di fondo’, come il suo opposto, lo scoraggiamento.
Le emozioni di fondo possono essere innescate da uno stimolo inconscio, il che dà ragione della nostra stessa sorpresa, a volte, nel transire a una situazione di entusiasmo. A volte è un ricordo, altre una riflessione rivelatrice su un evento che innesca l’effetto emozionale con un’improvvisa illuminazione. Le emozioni sono l’espressione esterna di un sentimento corrispondente alla percezione interna dello stato del proprio corpo, l’enterocezione mediata da messaggi quantitativi — segnali elettrici e chimici che forniscono al cervello una rappresentazione multidimensionale del nostro corpo — il cui complesso si traduce in sensazioni qualitative che, nel caso dell’entusiasmo, diventano sensazioni di piacere, libertà, rilassamento, potenzialità, energia che ci pervade come una leggera scarica elettrica.
In questo, lo stimolo e l’interpretazione cerebrale di determinati segnali, hanno una parte significativa alcuni mediatori chimici fondamentali ben noti, in primis la dopamina e la serotonina, soprattutto la prima per la sua forte correlazione alla motivazione: a livelli bassi di dopamina si può cadere in apatia e depressione, gli antipodi dell’entusiasmo.
Il tandem dopamina-serotonina ha un senso consequenziale: uno stimolo di forte interesse attiva il circuito dopaminergico e perseguiamo un obiettivo; il piacere dell’esecuzione e il progresso conseguito innalzano i livelli di serotonina nel sistema nervoso, apportando soddisfazione e visione positiva. E questo rafforza la motivazione in un circolo felice di esaltazione del nostro stato di benessere. Non è un caso se tutte le droghe attivano il sistema dopaminergico mentre agiscono in modo alterno sugli altri neurotrasmettitori.
Per Jaak Panksepp, psicobiologo presso la Washington State University, si possono individuare dei circuiti emotivo-istintuali costitutivi dell’individuo, le cui basi sono concentrate nelle zone sottocorticali e regolati superiormente tramite i neurotrasmettitori. Tra i sette sistemi neuronali delle emozioni da lui identificati, uno è proprio quello della RICERCA/ENTUSIASMO, legato principalmente alla dopamina, e che può essere considerato tra quelli già presenti nei cervelli più primitivi, rettiliani. Il sistema della RICERCA è di centrale importanza in quanto genera la forza propulsiva che induce a ricercare percezioni soddisfacenti. E col termine ENTUSIASMO Panksepp intende infatti uno “stato di piacere emotivo dinamico e gratificante”.
Esiste un altro sistema importante tra quelli classificati da Panksepp: il sistema del GIOCO/FANTASIA che governa il divertimento e la socializzazione. Un sistema innato che caratterizza i mammiferi e negli esseri umani si estende dal gioco della prima infanzia fino alle modalità più complesse dell’adulto, nel campo produttivo, psicologico, conoscitivo, scientifico. Il sistema del GIOCO si configura come un’evoluzione del sistema della RICERCA, effettivamente sempre attivo durante il gioco e di cui probabilmente rappresenta un’espansione in quanto a complessità. La sua attivazione coinvolge l’endorfina ma in entrambi i sistemi la dopamina ha un ruolo fondamentale. La componente di FANTASIA, la più evoluta, consente all’individuo di immaginare e di anticipare esperienze in divenire, vagliare soluzioni a problemi complessi e prepararsi, in modo organico, a fronteggiare future sfide della vita reale.
Notoriamente, però, questa capacità fantastica può portare all’evasione nell’immaginario per tutti coloro che hanno difficoltà a godersi il piacere e la realtà del vivere quotidiano, che possono quindi non riuscire a discriminare tra immaginazione e realtà, in una situazione affine ad alcune psicosi.
L’entusiasmo vive quindi della correlazione tra le risorse istintuali più basilari del nostro apparato cerebrale e le sue funzioni più alte. Può unire congruentemente energia, passione e razionalità, se impariamo a suscitarlo e padroneggiarlo, e così creare un positivo sommovimento fisico e mentale che probabilmente è una delle modalità più naturali per percepire appieno la potenzialità della nostra vita e apportarle miglioramento.
Quando l’entusiasmo è spontaneo e presente con assiduità, unito al discernimento, diventa una caratteristica identificativa e la persona diventa riconoscibile come un entusiasta. Molto ben delineato dal sociologo Francesco Alberoni: “L’entusiasta è un infaticabile sognatore, un inventore di progetti, un creatore di strategie, che contagia gli altri con i suoi sogni. Non è cieco, non è incosciente. Sa che ci sono difficoltà, ostacoli talvolta insolubili. Sa che su dieci iniziative nove falliscono. Ma non si abbatte. Ricomincia da capo, si rinnova. La sua mente è fertile. Cerca continuamente strade, sentieri alternativi. È un creatore di possibilità”.
L’entusiasmo è la più grande carica di forza naturale che possiamo aspettarci di mettere in campo per noi stessi e verso gli altri.
Per chi ha responsabilità di guidare altre persone, l’entusiasmo diventa una peculiarità indispensabile, necessaria a credere in ciò che si dice, ma anche alla capacità di suscitare la stessa emozione negli altri, portandoli a vedere, e a credere, gli stessi obiettivi, la stessa visione della vita e del futuro. I grandi capi carismatici storici (Alessandro Magno, Cesare, Napoleone, Lenin, Mussolini, Hitler, Mao Tse-Tung…) sono stati oggetto di una dedizione fanatica ed entusiastica da parte di interi popoli.
Nell’importanza di avere dei buoni leader e nella loro capacità di generare entusiasmo si sono giocate, nel bene e nel male, le sorti dell’umanità in vari momenti storici. Possiamo pensare all’entusiasmo di mille uomini che (quasi) da soli si ritennero destinati a riunire l’Italia perché viveva in loro il duplice entusiasmo verso un ideale e verso un Garibaldi che lo incarnava, infiammando i loro cuori in azioni azzardate. Ma nella memoria vi è purtroppo anche la follia dei più di 900 suicidi istigati dal reverendo Jim Jones in Guyana occidentale. Possiamo meglio ricordare l’ordinato entusiasmo che riusciva a suscitare un Mahatma Gandhi nel trascinare migliaia di persone a marciare per settimane per raccogliere un po’ di sale, ma con nel cuore l’ambizione di raccogliere una nuova libertà. O possiamo immedesimarci in quelle altre migliaia di persone di colore che, nel sentire M. L. King pronunciare «Io ho un sogno…», iniziavano a sognare anche loro e a volare verso un futuro di diritti uguali per tutti.
Oppure, più semplicemente, nella vita qui e ora, ricordare un vecchio swing degli anni Quaranta, in piena guerra, che volgeva lo sguardo al futuro e si augurava una vita en plein air, felice fuori e dentro di sé:
“Voglio vivere così, col sole in fronte, e felice canto, canto per me”.
Nella circolarità insoluta del suo ritornello esprimeva bene quello che è il punto centrale: coltivare l’entusiasmo per la vita in sé e farne il trampolino da cui lanciare gli altri entusiasmi per i nostri obiettivi.
L’entusiasmo di vivere consente di vivere con entusiasmo, e non è una tautologia.
Soprattutto oggi, in una condizione difficile, abbiamo bisogno di ritrovare quest’entusiasmo, di credere che tutto migliori, che ciò che c’è di male possa essere superato e scomparire, che ciò che stiamo costruendo di buono possa migliorare e farci risorgere.
L’entusiasmo di vivere deve pervadere ognuno di noi per condurci a una vita comune piena di energia e di senso, per noi e per tutti.
# Bravo. Sei stato lirico.
Lirico fino all’orgasmo.
Ora va’ a letto. Dormi,
beato, nel tuo entusiasmo. #
(Giorgio Caproni — Il franco cacciatore)
Di Arnaldo Carbone
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