La lingua del Futur(ismo)

Affilata e veloce, “turbinante” come un’elica di aereo.

Mensa Italia
8 min readApr 27, 2020

“Oh! Come invidio gli uomini che nasceranno fra un secolo nella mia bella penisola, interamente vivificata, scossa e imbrigliata dalle nuove forze elettriche! L’ossessionante visione del futuro mi strappa l’anima in raffiche deliziose…”.

Inizia con queste parole La guerra elettrica: visione-ipotesi futurista, il manifesto di Filippo Tommaso Marinetti, pubblicato nel 1917 su «L’Italia Futurista», ed è questa l’essenza propria del Futurismo, come affermano anche gli studi critici; per esempio Mario Verdone: «La nostra definizione del Futurismo potrebbe essere formulata così: è un atteggiamento dinamico e rinnovatore che tende a proiettare la vita e l’arte nel futuro». Un secolo è passato e chissà Marinetti come commenterebbe questo presente straniante.

Il Futurismo tende a porsi come avanguardia complessiva, aperto a uno sperimentalismo nei vari campi artistici — letteratura, pittura, musica, teatro, grafica, cinema, architettura, moda, politica — frantumando le barriere della differenziazione tra i linguaggi.

Il movimento esprime la volontà di un rinnovamento radicale non solo nelle arti ma anche nella vita sociale e politica: l’ottica futurista si nutre della nascente civiltà industriale dominata dalla tecnologia e dalla macchina, dai nuovi miti del progresso e della velocità. Esaltando la tecnica, la grande industria e l’aggressività, il Futurismo vuole farsi portavoce della tendenza al nuovo, al progresso meccanico, alla modernità della neonata società industriale.

La macchina non è però concepita come un prodotto artificiale contrapposto alla naturalità, ma come una possibilità diversa di far vivere la natura: l’elettricità, ad esempio, viene considerata come risorsa naturale. Mondo industriale e mondo naturale sono visti come espressione di una stessa potenzialità e il corpo stesso, in quanto energia, si configura come macchina naturale in grado di sfruttare le forze cosmiche.

Il Futurismo si inserisce nella società italiana come uno spartiacque non eludibile: rappresentare o meno il dinamismo e la velocità sarebbe stato, da lì in avanti, il frutto di una scelta consapevole e meditata.

Esaltata in primo luogo nel manifesto di fondazione del movimento, la velocità si configura come religione nel manifesto del 1916 di Marinetti, La nuova religione-morale della velocità. Diametralmente opposta alla religione comunemente intesa che si prende cura dell’interiorità dell’essere umano, la morale esaltata e teorizzata dal Futurismo è protesa a difendere l’umanità dal quotidiano, dall’abitudine, dal ricordo, in ultima analisi, dalla lentezza, ritenuta responsabile di annientamento e morte. In questa ottica, la velocità è un propulsore eccellente, capace di donare forza alla vitalità umana, rendendola in grado di dominare lo spazio e il tempo. La velocità è la sintesi di tutte le forze in movimento e in quanto tale è pura, moderna, aggressiva. Il culto della velocità configura quest’ultima come divina e, di conseguenza, procedere a grande velocità significa stabilire un contatto con il divino e cioè, in un certo senso, pregare.

Ecco quindi che i nuovi luoghi abitati dalla divinità, le nuove cattedrali, le nuove chiese saranno i treni, le motociclette, le automobili, gli aeroplani: in una parola, le macchine.

La velocità, secondo Marinetti, è connessa al dinamismo vitale, produce e diffonde energia: permette di avvicinare cose distanti, innesca paragoni e rivela punti di contatto e sinergie alla base di nuove creazioni artistiche. Le parole in libertà e l’immaginazione senza fili sono dirette conseguenze di questo retroterra culturale applicato all’ambito letterario ed è proprio in tali elaborati futuristi che ritroviamo spesso come protagonisti la velocità, il treno, l’aeroplano.

La pubblicazione nel 1915 del manifesto Ricostruzione futurista dell’universo, firmato da Balla e Depero, aveva già segnato l’estensione della proiezione utopica del Futurismo a tutti i campi dell’attività umana, prefigurando la trasformazione sia dello spazio esterno sia di quello interiore dell’uomo. Il complesso plastico, astratto e polimaterico, fatto non solo di materiali tradizionali ma anche di metalli e congegni meccanici, permea ben presto ogni forma artistica.

In questo manifesto fa la sua comparsa anche il giocattolo futurista. Dopo aver preso le distanze dai giocattoli tradizionali, infatti, si afferma che il giocattolo futurista deve stimolare l’immaginazione del bambino attraverso la creazione di articolati complessi plastici ed elastici, evitare di essere una riproduzione caricaturale di oggetti quotidiani, educare e abituare alla lotta e alla guerra. Proprio per quest’ultima caratteristica, si aggiunge che questi nuovi giocattoli sono utili anche per gli adulti, in quanto contribuiscono a esaltarne la giovinezza, l’energia vitale, lo slancio creativo e immaginifico, l’ardore aggressivo proteso verso la vittoria in guerra. Tali giochi comprendono anche mezzi di trasporto, che riassumono in sé tutte le caratteristiche attribuite al giocattolo, e quindi soprattutto mezzi navali e aerei.

Non è un caso ritrovare il tema del giocattolo futurista in un manifesto di Marinetti del 1940, Il poema dei giocattoli guerreschi. Qui si presentano gli artisti futuristi (aeropoeti, aeropittori, aeromusicisti) come una pattuglia di arditi in attesa di combattere, intenti nella costruzione di giocattoli guerreschi per bambini che devono abituarsi a considerare la guerra come un fenomeno cosmico ineludibile e, in particolare, l’aeroplano come mezzo capace di racchiudere al suo interno una forza elettrica vitale e vittoriosa, di cui è anche il perfetto propulsore.

Ai manifesti futuristi, che non solo forniscono la base teorica al movimento ma riflettono le mutazioni della lingua in un esteso arco cronologico, è dedicato un progetto che si inserisce nel più ampio percorso di analisi linguistica di testi storico-artistici promosso dall’Accademia della Crusca e dalla Fondazione Memofonte, La lingua della storia dell’arte nel XX secolo: Manifesti futuristi.

I documenti permettono di mostrare il netto rinnovamento e arricchimento del lessico non solo figurativo della prima metà del Novecento, utile per la costituzione di un corpus di riferimento per la lingua italiana post-unitaria, in vista della realizzazione di un nuovo vocabolario. Agli intellettuali che hanno aderito al Futurismo, e in primo luogo a Filippo Tommaso Marinetti, si deve infatti la messa a punto di un nuovo linguaggio, derivante da una sintesi del tutto originale tra l’interesse per il rinnovamento delle arti figurative e plastiche da una parte e una sensibilità linguistica e letteraria capace di scardinare le regole classiche dall’altra.

La banca dati, consultabile all’indirizzo futurismo.accademiadellacrusca.org/, propone come prima possibilità di accesso ai testi la funzione di una ricerca libera per parola. Esito principale del progetto, però, è un lemmario strutturato che, con l’obiettivo di offrire un percorso guidato di approfondimento, propone un elenco di lemmi ritenuti significativi, la cui interrogazione permette la visualizzazione dei contesti di occorrenza, in maniera da evidenziare eventuali confronti. Oltre a questa sezione, di particolare interesse è anche la sala di lettura, nella quale è possibile visualizzare, e liberamente acquisire, la digitalizzazione integrale, in formato immagine e in formato testo, di tutti i manifesti selezionati, e una scheda catalografica di accompagnamento al singolo manifesto. Conclude il sito una sezione dedicata alle infografiche, una delle quali è dedicata proprio ai mezzi di trasporto presenti all’interno dei manifesti futuristi.

Lo studio dei manifesti del Futurismo da un punto di vista lessicografico ha confermato l’importanza del tema della velocità e la centralità dei mezzi di trasporto in quanto espressione del culto della macchina, del dinamismo, della forza capace di elevare l’essere umano oltre i propri limiti fisici.

Treni, motociclette, automobili, tram, navi sono ripetutamente citati e raffigurati, ma ad affascinare, soprattutto nel primo Futurismo, non è tanto l’estetica del mezzo, le sue forme o i suoi colori, quanto il movimento, il dinamismo, la velocità e, conseguentemente, le sensazioni che sono capaci di trasmettere all’essere umano che li utilizza. Velocità, dinamismo e simultaneità di corpi nello spazio sono il segno della modernità futurista, che si contrappone all’immobilismo delle opere del passato.

Al di là di questo, però, l’aeropittura sancirà, di fatto, la decadenza di tali mezzi all’interno dell’immaginario futurista. Fin dagli albori del Futurismo l’aeroplano è soggetto letterario e pittorico privilegiato delle opere degli artisti che aderiscono al movimento. Si ricorda che è proprio un’elica a dettare a Marinetti le basi della nuova arte poetica, come riporta il Manifesto tecnico della letteratura futurista del 1912. Nella grande narrazione e costruzione mitica che il Futurismo ha tentato di creare intorno a se stesso, l’aereo ha funzionato da stimolo simbolico, come segno di trasformazione dell’uomo, in un ideale crescendo dalla terra fino al cielo. La sua rappresentazione, però, non è stata costante nel tempo.

Sporadica negli anni Dieci, durante i quali i futuristi sono principalmente concentrati nella teorizzazione della metropoli moderna e dei mezzi di trasporto che la attraversano, alcuni esempi di dinamismo aereo compaiono negli anni Venti, che sono però ancora dominati dall’estetica meccanica. L’aereo viene ripreso efficacemente come soggetto da utilizzare in manifestazioni artistiche diverse: dall’arte pubblicitaria a quella che celebra le imprese belliche o i record sportivi. Gradualmente gli artisti futuristi elaborano una innovativa teoria di visione dall’alto attraverso il volo in aeroplano o elicottero, che produce una nuova tecnica e un’estetica, teorizzate nel Manifesto dell’aeropittura del 1929. Gli anni Trenta, e anche i successivi, vedono l’affermazione dell’aeropittura: l’aeroplano diviene centrale nel rapporto uomo-macchina, come simbolo dell’esaltazione di prestazioni elevate, come metamorfosi evolutiva dell’uomo in entità antropomorfe extraterrestri, come mezzo per conquistare nuovi orizzonti; inoltre, durante la Seconda Guerra Mondiale le rappresentazioni di battaglie e bombardamenti aerei sostengono la propaganda bellica.

È interessante notare come queste istanze si riflettano anche nell’uso del lessico dei manifesti futuristi: la presenza dei termini riconducibili ai mezzi di trasporto terrestri liberi e su rotaia subisce un progressivo calo a favore invece di una presenza più marcata dei mezzi navali e aerei. Allargando la riflessione, il mezzo di trasporto maggiormente presente all’interno dei manifesti considerati è proprio l’aeroplano, simbolo di innalzamento dalla dimensione terrestre a quella cosmica e divina.

Infine, merita riprendere a parte il discorso relativo alla dimensione del gioco, connessa alla ricostruzione futurista dell’universo e al giocattolo visto come possibilità “guerresca”. Presente con costanza nell’arco temporale considerato, il giocattolo, o meglio la nuova forma futurista del giocattolo, assolve una duplice funzione: se da un lato è una possibilità educativa per i piccoli, attraverso la quale sperimentare dinamismo, imprevedibilità, velocità, dall’altro si configura infatti come strumento di espressione per l’adulto di realtà futuribili, di balli plastici verso i quali tendere, di tentativi di superamento dell’ordinario mirando sempre allo straordinario, oltre il limite delle capacità umane, in costante elevazione con il supporto di una macchina provvidenziale (in senso proprio religioso), o meglio, come ha affermato Marinetti nel Manifesto tecnico della letteratura futurista del 1912, “turbinante”.

“Il DIO-MACCHINA proietterà nel futuro
l’essenza metallica dell’uomo che gli farà rivivere
una seconda vita INTENSA BELLISSIMA e PERENNE.
Poeta và e spargi tra gli uomini il nuovo verbo
ch’è più buono e più terribile di qualsiasi forza cosmica!”.

Così si conclude il manifesto di Ignazio Scurto del 1933, La nuova religione, indicando nella macchina la divinità che potrà condurre l’uomo nel futuro, in perfetta ottica futurista.

Di Massimiliano Bertelli

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