La bellezza dell’errore

Sbagliando si crea

Mensa Italia
4 min readNov 10, 2021

Sapete cosa hanno in comune le chips di patate e il gorgonzola? Ok, a parte il fatto che potreste mangiarne a chili. Ok, ok, a parte anche il fatto che purtroppo fanno ingrassare. Se non lo sapete, ve lo dico io cosa hanno in comune: sono nati per errore.

Sarebbe in realtà più giusto dire che le patatine fritte siano nate per dispetto, più che per errore (nota: per patatine fritte qui stiamo intendendo le classiche patatine da sacchetto, quindi quelle sottilissime e croccantissime, e non le french fries, ovvero quelle tagliate a fiammifero). La nascita delle chips di patate, infatti, è datata 1853 ed è a opera di George Crum, chef del Moon Lake Lodge a Saratoga Springs, nello stato di New York. Poiché un cliente si era lamentato che le french fries servite al Lodge fossero troppo spesse, Crum tagliò le patate più sottili e le mise a friggere nuovamente, tuttavia neppure in questo caso al cliente il prodotto fu gradito. Crum, i cui lineamenti possiamo immaginare contrarsi in quel momento in una maestosa troll face, decise allora di tagliare ancora più sottilmente il tubero sperando che il cliente si schifasse nel mangiare quella carta velina fritta. In un raro caso di specchio riflesso della troll face, il cliente si dichiarò invece soddisfattissimo del risultato. Da allora il Lodge mise in menu quel tipo di patatine senza soluzione di continuità, con gioia dei palati e sollazzo dei cultori della risata crassa poiché a quel punto le occasioni di parlare di patatine e scambiarsi gomitate tra amici erano raddoppiate.

Il gorgonzola, invece, già costituzionalmente più pragmatico e solido della fragile e vanesia patatina (e basta con ‘sti occhiolini, dai, mica siamo in un cinepanettone), secondo la leggenda, nacque proprio per errore nell’879, quando un mandriano, arrivato nella città di Gorgonzola, lasciò in un recipiente del latte cagliato e, accortosi di non avere gli strumenti per lavorarlo, pensò bene di aggiungere un’altra cagliata, alla faccia del famoso detto “less is more”. Questa operazione generò, con grande sorpresa del mandriano che in realtà stava semplicemente cercando di limitare i danni, un bizzarro prodotto caseario dalle venature verdi che aveva però assunto anche un sapore particolare e molto gradevole al palato.

L’ossessione per la perfezione è un qualcosa che permea la nostra società, sempre più votata all’ottimizzazione di tempi ed energie per avere vantaggi competitivi sui concorrenti in qualsiasi ambito: lavorativo, imprenditoriale, sportivo e persino hobbistico.

Ma siamo sicuri che questa ossessione sia sana, oltreché per la nostra psiche, anche per i risultati che si ottengono?

Considerate anche la produzione in serie di oggetti, finanche di grande prestigio: non è spesso quella scalfittura che abbiamo provocato ai nostri occhiali da sole il segno distintivo che ce li farà preferire a tutti gli altri occhiali dello stesso tipo, costati 300 euro esattamente come i nostri? È stata la nostra sbadataggine a causare quei segni, e quei segni indicano chiaramente come quegli occhiali siano nostri, facendone aumentare il valore sentimentale.

Se è vero che il valore delle cose, perlomeno di alcune cose, è determinato dalla rarità, non è forse poetico che sia a volte l’errore — e non la perfezione — a fungere da scintilla per l’esistenza di capolavori e pietre miliari in campi molto diversi tra di loro?

Quasi quasi lascio qui questa domanda per i posteri, magari scritta su un post-it!

Già, avete indovinato, anche quest’ultimo è nato per errore: un chimico della 3M stava infatti cercando di creare un collante estremamente potente, ma il materiale prodotto risultò troppo blando. Sei anni dopo un suo collega ebbe la straordinaria idea di usare il prodotto per incollare tra di loro tanti foglietti che, anche una volta staccati dal blocchetto originale, avrebbero mantenuto una buona capacità adesiva. In un sol colpo, Arthur Fry aveva quindi innovato il mercato di coloro che attaccano roba sui frigoriferi e dei maniaci degli appunti.

Poiché mi sembrerebbe sbagliato terminare questo articolo senza aver chiuso il cerchio ed essere tornato sulla seconda cosa che mi piace di più al mondo, ovvero il cibo, esporrò un’ultima circostanza.

Qualunque appassionato gourmet credo conosca Massimo Bottura, chef dell’Osteria Francescana, premiato miglior ristorante del mondo nel 2016 e nel 2018, tre stelle Michelin, un vero e proprio artista della cucina contemporanea. Ebbene, uno dei capisaldi del suo menu à la carte, nonché in assoluto il suo dessert più famoso, si chiama letteralmente “ops, mi è caduta la tartina di limone!” (più testualmente: oops, I dropped the lemon tart!). Questo dolce, presentato sul piatto in modo deliziosamente scomposto, nasce dalla goffaggine del sous chef di Bottura, Kondo Takahiko, che nel maneggiare una delle sue creazioni aveva sbadatamente fatto cadere il piatto, causando la rottura della tartina in vari pezzi. Takahiko era già pronto a fare metaforicamente harakiri davanti a tale errore, ma Bottura, con occhio da talent scout, riconobbe la bellezza di quel prodotto del caso e da allora in poi volle sempre presentare quel dessert in quel modo, immortalando in una luce positiva per tutti i clienti dell’Osteria Francescana lo sbaglio commesso dal suo cuoco giapponese capolinea dei dolci.

E se persino colui che è unanimemente riconosciuto come uno dei migliori chef del mondo riesce a cogliere l’impeto creativo dell’errore, perché non dovremmo dargli una seconda possibilità interpretativa anche noi?

Di Simone Ferrari

QUID è la rivista digitale del Mensa Italia, l’associazione ad alto Q.I., che raccoglie le competenze e le prospettive personali dei Soci, organizzandole in volumi monografici.

Scaricabile gratuitamente da
QUI.

QUID nasce con l’ambizione di confrontarsi senza voler ricomporre a tutti i costi un pensiero rappresentativo e prevalente, per proporre una lettura sempre aperta dei temi che stanno a cuore ai Soci del Mensa Italia

--

--

Mensa Italia

Il Mensa è un’associazione internazionale senza scopo di lucro di cui possono essere soci coloro che hanno raggiunto o superato il 98º percentile del Q.I.