Dispotico Distopico

Le innumerevoli rovine della decadenza post-moderna dell’Occidente.

Mensa Italia
7 min readApr 26, 2020

Hunger Games di Suzanne Collins (2010), The Maze Runner di James Dashner (2009), Il Mondo Nuovo di Aldous Huxley (1932), 1984 di George Orwell (1949), Fahrenheit 451 di Ray Bradbury (1953), Arancia Meccanica di Anthony Burgess (1962), Questo giorno perfetto di Ira Levin (1970), Il Pianeta delle Scimmie di Pierre Boulle (1963), Il cacciatore di androidi di Philip K. Dick (1968). Tranquilli, non è l’effetto quarantena con la lista dei libri da leggere pena l’emanazione di una nuova autocertificazione.

Futuro. Distopia e ucronia.

La scelta del tema “Il futuro” per questo numero di Quid ha un non so che di profetico se pensate che esso è stato scelto a gennaio.

E in un momento segnato da un evento tragico come una pandemia, il pensiero corre inevitabilmente alle opere distopiche, ossia a quel genere narrativo che, prendendo le mosse dalla letteratura fantascientifica, prefigura situazioni, sviluppi, assetti politico-sociali altamente negativi. Al contrario dell’utopia, che prospetta un mondo migliore di quello in cui si vive, la letteratura distopica ipotizza un mondo che non vorremmo mai conoscere, in cui il genere umano può ritrovarsi schiavo di un progresso tecnico disumanizzante, oppresso da un regime totalitario spietato, decimato da epidemie letali.

Lo sguardo di questi autori è risultato talvolta “apocalittico”, anche se ciò non significa che esso sia stato distruttivo, demonizzante e fine a se stesso: la descrizione di “luoghi altri” degenerati e condotti da vari fattori alle estreme conseguenze, spesso, esprime anzi una tensione utopica.

Tali scenari, infatti, secondo gli autori che si sono serviti dell’anti-utopia, possono non soltanto agire da monito, ma anche consentire la costruzione di un mondo altro, capace di fronteggiare le possibili degenerazioni che, in ogni epoca e in ogni contesto culturale, minacciano l’uomo.

A differenza dell’ucronia, un genere letterario che immagina futuri alternativi basati sull’idea che la storia effettiva del mondo abbia avuto un seguito diverso rispetto a quello reale, le distopie ci raccontano di società perfette ma portate talmente all’estremo da riuscire a trasformare tale “perfezione” in degenerazione. Ci raccontano della degradazione del vivere civile, del controllo su ogni aspetto della vita umana, di vera e propria disumanizzazione. Le distopie ci mettono in guardia da temi comuni e sentiti come propagande di regime e società gerarchiche, conformismo preponderante, depersonalizzazione e soppressione dell’individualità, sorveglianza estrema continua, perdita del legame col mondo naturale, avvelenato e radioattivo, con conseguenti mutazioni genetiche sfiguranti. Osservano il presente e lo proiettano, amplificato, sul futuro per mostrarci i pericoli cui rischiamo di andare incontro se non correggiamo la rotta della nostra società.

In 1984 George Orwell racconta un futuro dominato dalla presenza del Grande Fratello, un dittatore misterioso a capo di un organismo politico soffocante e incontrastabile. La società totalitaria è riuscita a distruggere il passato modificando o distruggendo documenti e dati di fatto oggettivi e, in molti casi, è riuscita a eliminare anche la memoria stessa del passato disintegrando la coscienza individuale. Questa passività porta i cittadini ad accettare come “verità” qualcosa che sanno benissimo non essere vero, e l’accettazione di un Ministero in cui gli impiegati hanno l’unico compito di alterare quotidianamente i giornali e i libri di storia per adeguarli alla necessità politica contingente, nascondendo contraddizioni e mutamenti d’opinione della classe dominante, incarnata nel Grande Fratello. Il Potere deve essere infallibile e il passato, dunque, viene cancellato, la cancellazione dimentica e la menzogna diventa verità.

“…non si trattava nemmeno di una falsificazione, ma solo della sostituzione di uno sproposito con un altro sproposito… tutto quel che si richiedeva era soltanto una serie infinita di vittorie sulla propria stessa memoria. Controllo della realtà lo chiamavano. E in neolingua bispensiero”.

Se i timori di Orwell si concentravano sulla capacità e volontà della classe al potere di occultare la verità, di privare i cittadini dell’accesso a un’informazione libera, di un controllo della massa esercitato tramite la forza e la paura, in Huxley (che fu suo professore di francese nel 1917) la violenza non esiste, come del resto anche la cultura, la storia, l’arte, le tradizioni. Non esistono né la famiglia né il matrimonio mentre il sesso viene insegnato sin dall’infanzia ed è completamente libero. Tutti possono avere rapporti sessuali con tutti purché non più di due volte con la stessa persona, onde evitare il nascere di un sentimento amoroso. La droga è legalizzata e serve a contrastare momenti di depressione, rabbia o ribellione. Tutto il mondo che Huxley descrive è prodigo di piaceri sensoriali e i dissidenti vengono spediti pacificamente su un’isola, l’Islanda, dove vivranno felicemente accuditi dallo Stato purché isolati dal resto del mondo. Nel mondo nuovo, il cittadino medio vive senza paura e circondato da piaceri gratuiti di ogni tipo: dal sesso, al cibo sino alla droga.

Al contrario dei personaggi orwelliani che vivono in un costante clima di terrore e angoscia, i dissidenti di Huxley vengono isolati pacificamente. Egli sostiene il dominio dell’umanità attraverso armi scientifiche utilizzate socialmente come la psicologia e la psichiatria, l’ipnosi di massa, la biologia, il condizionamento sociale e sessuale sin dall’infanzia andando contro ogni forma di tradizione, storia e cultura.

La scienza come strumento di controllo di Orwell si rivela labile poiché la coercizione permette all’individuo di ribellarsi.

La scienza come modificatore sociale fa sì che nessuno si senta veramente dominato creando un legame sottile di sedazione tra cittadino e dominatore.

Tra le anti-utopie più rappresentative del Novecento, oltre a Brave New World e 1984, vi è il romanzo scritto da Ray Bradbury, Fahrenheit 451. Autore di racconti polizieschi, fantastici, “realistici” o “di atmosfera”, Bradbury ha scritto vari racconti e romanzi fantascientifici, servendosi anche dell’utopia negativa. Se in Cronache marziane egli proietta su Marte la cultura, i comportamenti, le emozioni e i contesti “terrestri”, in Fahrenheit 451 al centro è proprio la distopia di un mondo degenerato, di un incubo fondato sulla repressione e sul terrore. Il romanzo prende spunto dai roghi nazisti dei libri e narra la storia di Guy Montag, un pompiere, ma di tipo nuovo, che anziché operare per spegnere gli incendi, ha il compito istituzionale di appiccare i roghi con cui si distrugge ogni traccia di libri e carta stampata. Si potrebbe cogliere in questo stravolgimento del significato del termine “pompiere” un’eco della neolingua orwelliana.

Un bersaglio esplicito dell’opera è senza dubbio la società televisiva i cui linguaggi iconici e multimediali mettono a repentaglio le capacità critiche dei soggetti, abbassando le loro difese al fine di controllarli più agevolmente. Il libro e il testo scritto favoriscono la riflessione e consentono forme di pensiero astratto, che con la televisione e i mezzi di comunicazione elettronici vanno perdendosi, per favorire l’emotività e per esaltare le caratteristiche di una società basata sulla velocità e sul consumo.

Nel romanzo le funzioni di informazione e di educazione/istruzione sono interamente delegate alla televisione, la quale offre esclusivamente contenuti controllati e gestiti dal Governo. Rispetto a 1984 o al Nuovo Mondo, l’accento è posto soprattutto sulle forme di censura e di repressione che vengono messe in atto dalle istituzioni e di come queste siano interiorizzate dai cittadini, i quali non esitano a segnalare all’autorità ogni violazione, agendo anche nei confronti dei vicini, dei conoscenti o perfino dei familiari. L’avvicinamento ai libri, e dunque alla cultura, costituisce un sintomo di follia per il protagonista che, denunciato dalla moglie e costretto dai colleghi a incendiare la propria abitazione, scappa inseguito dai Segugi Meccanici. Con l’evasione Montag scopre un mondo sommerso, che nella società amministrata dalla televisione e da un Potere censorio, rimane nascosto, ma che cerca di garantire la sopravvivenza dei libri tramite l’interiorizzazione e la narrazione orale. Il mondo degenerato quindi non impedisce l’esistenza di un “luogo altro” ideale, in cui i valori fondamentali riescano a sopravvivere e ad essere tramandati, in attesa di poter tornare ad esprimersi alla luce del sole.

I testi citati sono soltanto alcuni esempi del genere distopico, accomunati da un medesimo intento di critica rispetto ai rischi ai quali l’uomo e la società sono stati (e sono) esposti per effetto della tecnica e dell’innovazione tecnologica. La chiave di lettura, talvolta parodistica, satirica e caricaturale nel rileggere la società attuale, permette uno sguardo disincantato ma allo stesso tempo critico, che scandaglia il presente oltre a illustrare possibili aberrazioni future.

La riflessione sul potere si estende anche ai media e in Huxley essi diventano occasione di svago e di ottundimento della coscienza, mentre in Bradbury il libro è eliminato per essere sostituito da altri media capaci di alterare i parametri del pensiero.

I media come generatore di ottundimento di qualsivoglia capacità critica sono una prospettiva temuta con cui conviviamo da tempo e che mai come ora ha la capacità di manipolare, annichilire, distorcere.

Risonanza emotiva. Coltivare la risonanza emotiva degli stimoli del mondo e dei propri comportamenti per costruire idee proprie che possano essere messe a confronto e sostenerci al di là di sterili presunzioni.

Si potrebbero elencare innumerevoli rovine della decadenza postmoderna dell’Occidente e in un qualche modo ci si potrebbe anche convincere che Huxley aveva previsto tutto.

Ma poiché l’identità non è un fattore individuale ma un fattore sociale, e forse in questo periodo storico ne stiamo vivendo ogni sillaba, è nella relazione che troviamo gli strumenti per tracciare nuove mappe emotive. Le grandi distopie, nella loro lungimiranza possono salvarci dal nostro peggior nemico. Noi stessi.

“There is no pain, you are receding
A distant ship smoke on the horizon
You are coming through in waves
Your lips move but
I can’t hear what you’re saying”
Comfortably numb —
Pink Floyd

Di Laura Seratoni

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