Diritto e rovescio dell’intelligenza artificiale

È arrivato il momento di dare la cittadinanza ai robot?

Mensa Italia
7 min readFeb 5, 2020

I parlamenti mondiali e i sistemi giuridici sono pronti a questa rivoluzione? Quali profili giuridici si determineranno a breve? L’umanizzazione della macchina che conseguenze potrebbe avere? I robot potrebbero esercitare i diritti e i doveri di un cittadino nello Stato?

Come ha detto S. Hawking “nell’arco di 100 anni, l’intelligenza dei computer supererà quella degli esseri umani” insomma l’A.I. ce la ritroveremo dappertutto.

A fine 2017 l’Arabia Saudita ha concesso per la prima volta nella storia dell’uomo la cittadinanza onoraria ad un robot con sembianze umane, chiamato Sophia, mentre il Comune di Tokyo ha concesso la residenza ad un’intelligenza artificiale chiamata Mirai Shibuya.

La prima ha dimostrato di essere un capolavoro di ingegneria informatica e di robotica, tenendo autonomamente un discorso di ringraziamento per la ricezione della Cittadinanza, rispondendo anche alle domande degli intervistatori con estrema fluidità.

L’intelligenza artificiale giapponese, invece, è riuscita a conversare, in modo naturale, via chat, con più di 200.000 abitanti del distretto in cui ora risiede senza essere “scoperta” dagli interlocutori, arrivando quindi a superare il Test di Turing.

Le concessioni della cittadinanza e della residenza rientrano certamente in strategie commerciali e di marketing pubblicitario, ma destano non pochi problemi di stabilità dei sistemi giuridici.

Per capire quanto la legislazione sia ancora poco adeguata bisogna partire dai Considerando del Parlamento Europeo in cui nelle premesse è citato il mostro di Frankestein di M. Shelley e il Golem di Praga.

In primo luogo dare la cittadinanza ad un Robot o ad un A.I. può sembrare irrilevante, ma non lo è! Infatti, in quasi tutti i paesi mondiali, la cittadinanza è il requisito necessario per avere i cosiddetti diritti politici di elettorato attivo e passivo. Quindi, se ad un robot viene concessa la cittadinanza, egli stesso dovrebbe avere i diritti connessi all’elettorato attivo e passivo che ovviamente spettano a tutti i cittadini ed in questo, da un punto di vista democratico, la macchina è di fatto parificata all’uomo. Dopo Schwarzenegger a ricoprire il ruolo di Governatore della California potrebbe arrivare a ricoprire lo stesso ruolo anche il Terminator che è in lui.

Rovesciando il discorso, se l’A.I. ha gli stessi diritti di un essere umano, gli uomini in carne ed ossa dovrebbero avere gli stessi obblighi giuridici nei suoi confronti?

Se questo fosse vero, i creatori di Sophia, esercitando i diritti di proprietà sulla loro creazione, rischierebbero di essere accusati del delitto di riduzione in schiavitù?

Poniamo il caso che, per imperizia, uno degli ingegneri che lavora agli upgrade del robot lo danneggiasse accidentalmente, ma in modo irreparabile; lo si dovrebbe considerare un omicidio colposo o un danno risarcibile in sede civile?

Se invece la distruzione del Robot Sophia fosse intenzionale, ci troveremmo di fronte a danneggiamento oppure a “omicidio”?

Sembrano quesiti paradossali, ma in termini giuridici non lo sono affatto. E se un robot o un A.I. uccidesse un uomo, sarebbe responsabilità del robot o della fabbrica che lo ha costruito? O del programmatore che ha scritto il software?

Per ora siamo in una fase embrionale da un punto di vista giuridico, ma tra qualche anno potrebbero essere necessario discutere tematiche come queste nei parlamenti mondiali.

Per ora, nel mondo giuridico, ci siamo limitati ad individuare e accennare una valutazione di solamente 4 scenari di rivoluzione tecnico giuridica, senza poi giungere a dei principi guida definitivi:

• Attività di cosiddetta “Polizia Predittiva”

• Sistemi di decisione automatica

• Algoritmi predittivi di recidive

• A.I. come autore, strumento, o vittima di un crimine.

Il primo punto riguarda le problematiche di tutti quei sistemi che analizzando milioni di dati incrociati aiutano le agenzie di Intelligence a prevenire reati.

Attualmente sono usati per prevenire il terrorismo, ma nulla vieta che un domani possano essere utilizzati per tutti i reati, creando un sistema di dubbia garanzia come quello dei Precog di Minority Report o, ancor peggio, per attuare un vero e proprio scenario dispotico stile “1984”. Chi determina la correttezza giuridica degli algoritmi? Chi vigila che non vi siano bug di sistema? I giudici o gli informatici?

Il secondo punto pone le stesse domande etico giuridiche, poiché si tratta di istruire l’A.I. al fine di sopperire in tutto o in parte la decisione del giudice uomo. Creare una intelligenza artificiale che decida quale comportamento è reato o meno, immettendo dei semplici dati, potrebbe portare da un lato ad un efficienza e velocità inimmaginabile ma dall’altro a dei madornali errori giudiziari. Vale lo stesso anche per il terzo punto.

Infine l’A.I., come detto precedentemente, può essere considerato strumento di un’attività criminale se lo si considera un semplice oggetto, ma se viene elevato a nostro pari, potrebbe divenire autore o vittima.

Il mondo giuridico non ha ancora soluzioni per questi problemi, ma è quasi certo che il futuro costringerà tutti gli interessati ad occuparsene.

Foto: Lance Wilkinson

I parlamenti mondiali e i sistemi giuridici sono pronti a questa rivoluzione? Quali profili giuridici si determineranno a breve? L’umanizzazione della macchina che conseguenze potrebbe avere? I robot potrebbero esercitare i diritti e i doveri di un cittadino nello Stato?

Come ha detto S. Hawking “nell’arco di 100 anni, l’intelligenza dei computer supererà quella degli esseri umani” insomma l’A.I. ce la ritroveremo dappertutto.

A fine 2017 l’Arabia Saudita ha concesso per la prima volta nella storia dell’uomo la cittadinanza onoraria ad un robot con sembianze umane, chiamato Sophia, mentre il Comune di Tokyo ha concesso la residenza ad un’intelligenza artificiale chiamata Mirai Shibuya.

La prima ha dimostrato di essere un capolavoro di ingegneria informatica e di robotica, tenendo autonomamente un discorso di ringraziamento per la ricezione della Cittadinanza, rispondendo anche alle domande degli intervistatori con estrema fluidità.

L’intelligenza artificiale giapponese, invece, è riuscita a conversare, in modo naturale, via chat, con più di 200.000 abitanti del distretto in cui ora risiede senza essere “scoperta” dagli interlocutori, arrivando quindi a superare il Test di Turing.

Le concessioni della cittadinanza e della residenza rientrano certamente in strategie commerciali e di marketing pubblicitario, ma destano non pochi problemi di stabilità dei sistemi giuridici.

Per capire quanto la legislazione sia ancora poco adeguata bisogna partire dai Considerando del Parlamento Europeo in cui nelle premesse è citato il mostro di Frankestein di M. Shelley e il Golem di Praga.

In primo luogo dare la cittadinanza ad un Robot o ad un A.I. può sembrare irrilevante, ma non lo è! Infatti, in quasi tutti i paesi mondiali, la cittadinanza è il requisito necessario per avere i cosiddetti diritti politici di elettorato attivo e passivo. Quindi, se ad un robot viene concessa la cittadinanza, egli stesso dovrebbe avere i diritti connessi all’elettorato attivo e passivo che ovviamente spettano a tutti i cittadini ed in questo, da un punto di vista democratico, la macchina è di fatto parificata all’uomo. Dopo Schwarzenegger a ricoprire il ruolo di Governatore della California potrebbe arrivare a ricoprire lo stesso ruolo anche il Terminator che è in lui.

Rovesciando il discorso, se l’A.I. ha gli stessi diritti di un essere umano, gli uomini in carne ed ossa dovrebbero avere gli stessi obblighi giuridici nei suoi confronti?

Se questo fosse vero, i creatori di Sophia, esercitando i diritti di proprietà sulla loro creazione, rischierebbero di essere accusati del delitto di riduzione in schiavitù?

Poniamo il caso che, per imperizia, uno degli ingegneri che lavora agli upgrade del robot lo danneggiasse accidentalmente, ma in modo irreparabile; lo si dovrebbe considerare un omicidio colposo o un danno risarcibile in sede civile?

Se invece la distruzione del Robot Sophia fosse intenzionale, ci troveremmo di fronte a danneggiamento oppure a “omicidio”?

Sembrano quesiti paradossali, ma in termini giuridici non lo sono affatto.

E se un robot o un A.I. uccidesse un uomo, sarebbe responsabilità del robot o della fabbrica che lo ha costruito? O del programmatore che ha scritto il software?

Per ora siamo in una fase embrionale da un punto di vista giuridico, ma tra qualche anno potrebbero essere necessario discutere tematiche come queste nei parlamenti mondiali.

Per ora, nel mondo giuridico, ci siamo limitati ad individuare e accennare una valutazione di solamente 4 scenari di rivoluzione tecnico giuridica, senza poi giungere a dei principi guida definitivi:

• Attività di cosiddetta “Polizia Predittiva”

• Sistemi di decisione automatica

• Algoritmi predittivi di recidive

• A.I. come autore, strumento, o vittima di un crimine.

Il primo punto riguarda le problematiche di tutti quei sistemi che analizzando milioni di dati incrociati aiutano le agenzie di Intelligence a prevenire reati.

Attualmente sono usati per prevenire il terrorismo, ma nulla vieta che un domani possano essere utilizzati per tutti i reati, creando un sistema di dubbia garanzia come quello dei Precog di Minority Report o, ancor peggio, per attuare un vero e proprio scenario dispotico stile “1984”. Chi determina la correttezza giuridica degli algoritmi? Chi vigila che non vi siano bug di sistema? I giudici o gli informatici?

Il secondo punto pone le stesse domande etico giuridiche, poiché si tratta di istruire l’A.I. al fine di sopperire in tutto o in parte la decisione del giudice uomo. Creare una intelligenza artificiale che decida quale comportamento è reato o meno, immettendo dei semplici dati, potrebbe portare da un lato ad un efficienza e velocità inimmaginabile ma dall’altro a dei madornali errori giudiziari. Vale lo stesso anche per il terzo punto.

Infine l’A.I., come detto precedentemente, può essere considerato strumento di un’attività criminale se lo si considera un semplice oggetto, ma se viene elevato a nostro pari, potrebbe divenire autore o vittima.

Il mondo giuridico non ha ancora soluzioni per questi problemi, ma è quasi certo che il futuro costringerà tutti gli interessati ad occuparsene.

Di Jacopo Pepi
Foto: Lance Wilkinson

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