Controllare il futuro

‘Dear Future Me’ è un progetto realizzato dal Commissario per l’Infanzia inglese per la condivisione di messaggi ed esperienze di giovani adolescenti in affidamento, ai quali è stato chiesto di lasciare dei messaggi indirizzati ai loro se stessi del futuro.

Mensa Italia
8 min readApr 26, 2020

“Dear Future Me, in 10 anni mi aspetto di finire l’università ed essere pronta a trovare un lavoro e sistemarmi. Avrò un marito e molto probabilmente un figlio, vivrò in una bella casa e guiderò una bella macchina.”

Finora sono state condotte poche ricerche su fino a che punto estendiamo la nostra immagine nel futuro, come immaginiamo i nostri futuri ruoli familiari, hobby o tratti.

L’invecchiamento è associato a cambiamenti nella prospettiva temporale futura tanto che gli anziani percepiscono il loro futuro come più limitato e meno centrale rispetto ai giovani, oppure la distanza con cui gli individui si proiettano nel futuro può essere formata da vincoli cognitivi e motivazionali indipendenti dall’età?

Rathbone, Conway e Moulin, nel 2011, hanno tentato di rispondere a questa domanda utilizzando il compito “Sarò”, dato a 998 danesi tra i 18 e i 70 anni.

I risultati di questa ricerca sono stati piuttosto sorprendenti: le immagini future riguardano nella quasi totalità dei casi un periodo che oscilla tra i 5 e i 10 anni in avanti, indipendentemente dall’età del soggetto.

Si è poi visto che le immagini del futuro sono più positive tanto più sono vicine al presente e che quelle negative sono spostate avanti nel tempo.

I risultati suggeriscono dunque vincoli motivazionali e cognitivi che producono orizzonti futuri delle auto-proiezioni uniformemente brevi in tutte le fasce d’età.

“Dear Future Me, tra 10 anni, vorrei avere buoni voti e la patente di guida. Mi piacerebbe iniziare il lavoro dei miei sogni come veterinario.“

Non sarebbe bello poter prevedere il futuro e avere sempre gli elementi per fare scelte giuste, prendere decisioni che ci permetterebbero di raggiungere i nostri obiettivi, senza rimpianti o rimorsi? Le decisioni che prendiamo si basano però sulla nostra prospettiva, costruita sulla base di come pensiamo e sentiamo oggi, nel presente. Questo è un errore in quanto non possiamo sapere come saremo in futuro, ma ragioniamo sovrapponendo le emozioni attuali alla nostra percezione di eventi futuri.

Daniel Gilbert, riflettendo sulla natura della felicità e sulle illusioni psicologiche che tendono a distorcere la nostra percezione del futuro, parte dal presupposto che gli umani siano le uniche creature capaci di immaginazione e che siano inclini a concentrarsi sulle cose buone che accadranno quando direttamente coinvolti. La probabilità di risultati positivi viene sopravvalutata: il futuro risulta così troppo ottimistico. Il desiderio di esercitare il controllo sul futuro è un’esigenza fondamentale, dettata dalla ricerca conscia o inconscia del benessere.

Il cervello costruisce ricordi di avvenimenti, reali o no, inserisce dettagli, completa fatti. Gilbert ne semplifica il sistema operativo nei seguenti gruppi:

Realismo: il processo soggettivo di ciò che viene percepito e ricordato è ciò che la mente vuole vedere e ricordare. Il risultato finale è un falso ricordo o un’immagine distorta, priva di dettagli. Riempiamo ciò che non possiamo vedere nel punto cieco della nostra percezione visiva con ciò che pensiamo dovrebbe esserci. Non siamo consapevoli di tale processo in quanto il cervello riempie rapidamente i dettagli mancanti pescando dalla nostra memoria ciò che abbiamo visto di simile nel nostro passato.

Presentismo: descrive la tendenza mentale a ricordare il passato o a prevedere il futuro in base a eventi, circostanze e sentimenti presenti. Gilbert mostra che l‘uomo immagina eventi più vicini nel tempo perché concepisce più facilmente il futuro prossimo rispetto a un futuro lontano.

Razionalizzazione: la tendenza a visualizzare gli eventi in modo diverso dopo che si sono verificati, trasformandoli in eventi positivi. La riscrittura riduce l’impatto di eventi spiacevoli. Questo potrebbe spiegare perché spesso è difficile per le persone essere coscienti dei propri difetti e imparare dai propri errori. La tendenza naturale è quella di creare una storia che spieghi perché abbiamo agito in un determinato modo piuttosto che fare un lavoro di introspezione per capire ciò che è andato storto, come risolvere il problema e impedirne il ripetersi.

“Dear Future Me, spero di essere sposato e avere figli. Spero di aver finito l’università e di iniziare un nuovo lavoro come insegnante di scuola elementare o assistente sociale.”

Gran parte delle nostre decisioni derivano da processi che funzionano in modo automatico e profondo; la causa dei nostri comportamenti è multifattoriale e dipende da moltissime condizioni interne ed esterne. Il processo decisionale quindi è frutto di una parte cosciente e di una parte incosciente; non possiamo quindi dire che le nostre azioni siano predeterminate, dobbiamo però accettare di essere predisposti ad alcuni comportamenti piuttosto che ad altri. Ogni singola decisione è quindi il frutto di una mediazione tra le condizioni esterne, il nostro pensiero razionale e il nostro pensiero irrazionale.

Secondo Albert Einstein, la follia sta nel fare sempre la stessa cosa aspettandosi risultati diversi. Sarebbe bello se le cose funzionassero davvero così, a livello di scelte umane; purtroppo però ci sono moltissimi fattori che influiscono sul risultato e non sono tutti sotto il nostro controllo.

La psicologa Ellen Langer, nel 1975, formalizzò il concetto dell’illusione del controllo. Con una serie di test, Langer dimostrò la tendenza degli esseri umani a credere di avere il controllo, o quanto meno una certa influenza, su avvenimenti su cui in realtà non si ha alcun potere. Esattamente come le illusioni ottiche, ci sono illusioni di causalità che fanno percepire che un evento ne provoca un altro solo quando c’è una coincidenza tra di loro: non siamo preparati a valutare la causalità senza strumenti di misura. Da secoli i filosofi sono alle prese con il concetto di causalità; i ricercatori in psicologia sociale hanno scoperto che la mente umana ha un meccanismo molto complesso per identificare e attribuire la causa di un evento.

La relazione causa-effetto è presente in ogni aspetto della nostra vita, influenza ogni nostro pensiero e ogni nostra scelta, è la base razionale sulla quale costruiamo le nostre azioni.

Hume definì il concetto di causalità “cemento dell’universo”.

Il concetto di causalità è però complesso e sfaccettato, ed è più complesso da definire di quanto sembri.

John Stuart Mill, filosofo inglese, ha ampliato il ragionamento considerando che un effetto è di solito il risultato di una congiunzione di diverse cause. Noi spesso ci limitiamo a valutare la principale (secondo il nostro parere), anche se le restanti sono ugualmente importanti.

J.L. Mackie parla di cause INUS (parti insufficienti ma non ridondanti di una condizione che è di per sé non necessaria ma sufficiente per il verificarsi dell’effetto), spiegandole con l’esempio del corto circuito come causa INUS di un incendio.

Gli eventi in questo caso sono il corto circuito, la vicinanza di materiale infiammabile e l’assenza di vigili del fuoco. Questi non sono fattori necessari, dal momento che l’incendio potrebbe essere stato provocato da molte altre combinazioni di eventi, ma insieme sono sufficienti per generare l’effetto incendio.

Ovviamente, noi non creiamo consciamente modelli complessi per ogni decisione, neppure per quelle fondamentali, perché il nostro cervello è sempre alla ricerca di qualche scorciatoia. Abbiamo infatti dei meccanismi che ci aiutano a inferire causa ed effetto. Usiamo informazioni empiriche in combinazione con la conoscenza del mondo per costruire teorie sul meccanismo causale che ha prodotto l’effetto. Queste teorie sono però influenzate dall’attenzione che dedichiamo alla scelta, da fattori culturali, dalla nostra capacità di elaborazione e, soprattutto, dal risultato che ci piacerebbe ottenere.

I ricercatori in psicologia sociale hanno sviluppato decine di modelli che cercano di spiegare come gli esseri umani utilizzano vari tipi di informazioni per attribuirli alla causa.

“Dear Future Me, spero di fare musica a tempo pieno, di trovarmi in un buon posto in ambito finanziario e, soprattutto, di incontrare nuove persone e creare ricordi”.

Nella vita prendiamo molte decisioni che non sempre i nostri noi futuri approverebbero.

In ogni momento pensiamo di essere la persona che vogliamo essere, salvo poi cambiare nelle nostre opinioni, ideali, valori. Le persone dai 18 ai 68 sottovalutano molto i cambiamenti che vivranno nei successivi 10 anni e i cinquantenni anticipano i cambiamenti tanto quanto i diciottenni. Anche la personalità cambia nello stesso modo e, nello stesso modo, ne sottovalutiamo il cambiamento. La stessa cosa vale per i gusti, le amicizie, gli interessi.

“Dear Future Me, ricorda di fare la vita un passo alla volta e di non affrettarti nelle decisioni.”

Anche se ci fosse chiaro l’obiettivo, non è detto che sia così facile prendere delle decisioni corrette. Per sapere qual è la scelta migliore dovremmo sapere per ognuna delle scelte il guadagno possibile e la sua probabilità, purtroppo però non siamo molto bravi a stimare nessuno dei due valori.

“Optimism bias”: è una distorsione che ci porta a credere che ci siano meno rischi per noi di subire un evento negativo rispetto alle altre persone. Questo meccanismo ci porta a sottostimare i rischi di eventi che possano mettere in discussione i nostri progetti. Secondo Daniel Kahneman “molti di noi vedono il mondo come più benigno di quello che realmente è, le nostre risorse più efficaci di quello che realmente sono, e gli obiettivi come più realizzabili di quanto non siano. Tendiamo anche a esagerare la nostra capacità di prevedere il futuro, favorendo un ottimismo immotivato. In termini di conseguenze per le decisioni, il pregiudizio ottimista potrebbe essere la più significativa delle distorsioni cognitive“. Non considerando possibili alternative al caso migliore, sottovalutiamo la probabilità di complicazioni e ostacoli imprevisti (ma prevedibili). Facciamo inoltre il possibile per ricordare i casi migliori e dimenticare le difficoltà passate.

Le scelte delle persone possono occasionalmente derivare da giudizi che precludono una valutazione approfondita delle opzioni. In tali casi, un’analisi delle ragioni della scelta può rivelarsi inappropriata in quanto la decisione viene presa a prescindere dalla razionalità.

“Dear Future Me, spero che tu ti sia sentito a tuo agio con te stesso e ora sia in grado di aiutare gli altri, sapendo che aiutare gli altri può essere fatto attraverso azioni, insegnamenti o semplicemente facendo un sorriso a un estraneo. Spero che tu sia rimasto ambizioso per ispirare gli altri nella tua posizione, ma sia fondamentalmente felice e pieno di speranza per gli anni a venire. Continua ad amare e vivere!”

Di Alberto Viotto

QUID è la nuova rivista digitale del Mensa Italia, l’associazione ad alto Q.I., che raccoglie le competenze e le prospettive personali dei Soci, organizzandole in volumi monografici.

Scaricabile gratuitamente da https://bit.ly/Quid02_ilFuturo

QUID nasce con l’ambizione di confrontarsi senza voler ricomporre a tutti i costi un pensiero rappresentativo e prevalente, per proporre una lettura sempre aperta dei temi che stanno a cuore ai Soci del Mensa Italia.

--

--

Mensa Italia

Il Mensa è un’associazione internazionale senza scopo di lucro di cui possono essere soci coloro che hanno raggiunto o superato il 98º percentile del Q.I.