Chiedi alla polvere

Troppo piccoli per un mondo infinitamente grande e troppo grandi per un mondo infinitamente piccolo.

Mensa Italia
7 min readJul 12, 2021

- Prendi le cartine, io preparo un po’ di idrolitina

Andrea e Paolo erano amici fin dai tempi del liceo e non avevano mai smesso di frequentarsi. Ascoltavano la stessa musica, guardavano gli stessi film, leggevano gli stessi libri: si sentivano come due fratelli che, per uno strano caso, fossero nati da madri diverse, in due giorni diversi e in due posti diversi ma che, alla fine, erano riusciti a ritrovarsi.

- Vanno bene quelle di cellulosa?
- Sanno di plastica!
- E va bene, allora fumiamoci anche la carta!

Poche ore prima avevano comprato qualche grammo d’erba dallo spacciatore del parchetto sotto casa: un ragazzo altissimo, magro, slanciato, che indossava sempre uno stravagante pince-nez e dei pantaloni larghissimi. Si faceva chiamare Ludovico perché una volta, al cinema, aveva sentito dire che Ludovico non era un nome adatto a uno spacciatore e l’idea gli piacque molto.

- Sei ancora in consulenza dallo stesso cliente?
- Fino a metà mese, poi chissà…
- Ma ti rinnovano?
- Appunto, chissà…
- Ce l’hai tu le sigarette?
- Ho le Rothmans rosse
- Usiamo quelle.

Avevano studiato fino a diventare lavoratori precari, senza ferie, senza malattia e senza progetti per il futuro.

- E a te al lavoro come va?
- In ufficio tira una brutta aria. Son passati quelli della Finanza e in amministrazione c’è fermento. Vedrai che finiranno per sfogarsi su qualche dipendente. I richiami vanno via come il pane. Oggi uno s’è preso un rimprovero perché aveva fatto una pausa caffè da 20 minuti invece che da 15.
- Come se 5 minuti possano cambiare radicalmente la produttività di una giornata!
- Specie se pensi che da me nessuno muove un dito prima delle dieci.

Entrambi avrebbero voluto studiare filosofia. Sognavano di studiare il mondo con gli occhi del passato e poi di riguardarlo da nuove angolazioni coi propri. Quanto potere c’è nel pensiero e nella parola? Lo stesso Dio si è fatto Verbo. La parola crea, distrugge, smuove coscienze e montagne, plasma imperi politici, economici e commerciali. La parola, il logos, è sempre stata il principio fondamentale dell’esistenza.

- Mi fai un filtro?
- Lo faccio a S?
- Fallo a U, è venuta un po’ grossa
- Eccolo qui
- Fai i migliori filtri del mondo
- I filtri sono facili, da bambino facevo anche gli origami
- Sai fare l’airone?
- Certo
- Io a momenti non so fare neanche la barchetta.

Ma qual era il senso della vita? Facile scherzare su Douglas Adams e sui Monty Python, più difficile provare a rifletterci davvero.

- Comodo?
- Comodo
- Partiamo?
- Accendo io?
- L’hai rollata tu?
- No, l’hai rollata tu
- E allora accendo io, no? Ci sono delle regole!

Entrambi erano da poco tornati single. La ragazza di Andrea si chiamava Giulia e lo aveva lasciato per un punk; “cerco emozioni forti”, gli aveva detto, e Andrea non aveva battuto ciglio. Paolo, invece, aveva appena troncato con Valentina, grande appassionata di filosofie orientali; un rapporto che rasentava il nirvana, almeno fino a quando Paolo non aveva trovato Valentina a letto con un altro, incrinando così il karma cosmico, con buona pace del Buddha.

Andrea aspirò forte, poi fece girare. Paolo fece lo stesso.

- Hai più visto la tua ex?
- Per fortuna no. Perché, tu?
- Figurati
- E adesso che pensi di fare?
- In che senso?
- Avrai delle voglie da soddisfare, no?
- Prima o poi ne troverò un’altra, intanto mi adeguo. Tu invece?
- Ne ho vista una che mi piace
- Ah, sì?! E com’è?
- Graziosa, molto a modo
- Ma a te non piacevano quelle trasgressive?
- Essere a modo is the new trasgressivo
- Touché.

I gatti in amore, fuori dalla finestra, facevano un baccano assurdo; mai visti degli animali così combattivi all’idea di riprodursi. C’è qualcosa di fondamentalmente bizzarro nei gatti, così belli e sinuosi nel loro aspetto ma, allo stesso tempo, così brutali e spietati in tutte le piccole cose della vita. Piccole adorabili bestie feroci.

Paolo e Andrea continuarono a inspirare grandi boccate di fumo, trattenendo il respiro il più a lungo possibile in modo che nessuna molecola di THC andasse sprecata.

- Ho fatto un sogno stanotte, sai?
- Che sogno?
- Ero seduto in una pianura sterminata, completamente ricoperta di papaveri, tutti uguali fra loro; sembravano finti
- È un posto dove sei stato?
- No, mai stato in un posto del genere. E poi non ero da solo, con me c’era seduto un uomo molto vecchio che sembrava un monaco buddhista
- Le filosofie orientali continuano a perseguitarti
- Già, ma d’istinto ho guardato il monaco negli occhi e gli ho chiesto: «Maestro, qual è il senso della vita?»
- Tanto per metterlo a suo agio…
- Era perfettamente a suo agio!
- E ti ha risposto?
- All’inizio non ha detto nulla, si è limitato a sorridermi e ad alzarsi. Io mi sono alzato per seguirlo
- Dove andava?
- Verso est, l’ho capito perché le nostre ombre erano proiettate davanti a noi. Siamo finiti in riva a un torrente lì vicino che non avevo visto mentre stavo seduto
- Non avevi nemmeno sentito il rumore dell’acqua?
- Nemmeno, era come se quel torrente fosse spuntato fuori dal nulla
- E poi?
- Il monaco si è chinato e ha preso un sasso, l’ha lanciato contro un’altra pietra e l’ha spezzato in due
- Con un colpo solo?
- Con un colpo solo!
- A me non è mai riuscito
- Non sei un monaco buddhista tu, quelli sanno anche accendere il fuoco con la forza del pensiero!
- Quello sì che mi tornerebbe comodo come potere!
- A chi lo dici…!
- E che significava il sasso rotto?
- Il maestro ha detto: «Sapresti dire con certezza se questi due sassi sono le metà del sasso che hai visto prima o se il sasso che hai visto prima era l’unione di questi due sassi?»
- E tu lo sapevi?
- No, ma poi ha continuato: «Guarda a terra, ci sono anche dei sassolini più piccoli. Alcuni di questi li chiameresti sabbia, altri, ancora più piccoli, li chiameresti polvere, ma si tratta sempre della stessa materia; sei tu a dargli nomi diversi»
- Il potere della parola! Visto?! Ha un senso anche quello che dico io, almeno ogni tanto!
- E infatti per un attimo ho pensato a te, ma poi sono tornato ad ascoltare: «Se io continuassi a dividere la polvere, prima o poi otterrei degli atomi, poi delle particelle, e chissà per quanto potrei ancora continuare. Nessuno sa quale sia il vero limite». A quel punto il monaco ha preso in mano qualcosa che non riuscivo a riconoscere e ha cominciato a stringerla tra le dita, fin quando non si è sprigionato un lampo di luce accecante e a quel punto ha detto: «Se vuoi conoscere il senso della vita, devi prima scoprire che cos’è la vita. Questa energia è la vita». Poi mi ha appoggiato una mano sulla spalla e a quel punto mi sono svegliato. Non ricordo altro.

Paolo e Andrea si lasciarono andare sulla schiena, il THC stava facendo effetto. Nella stanza scese il silenzio, interrotto soltanto dal crepitare della cartina che si stava lentamente consumando.

- Una volta anche io ho fatto un sogno sul senso della vita
- Come il mio?
- No, diverso
- Raccontamelo
- Ero dentro un’astronave completamente bianca e correvo lungo una sorta di ruota per criceti mentre parlavo col computer di bordo
- Avevi visto da poco 2001 Odissea nello Spazio?
- Mi sa di sì
- E poi?
- Il computer di bordo mi diceva: «L’universo è nato miliardi di anni fa; da allora non ha fatto altro che espandersi e continuerà a farlo per sempre».
- È una delle tante teorie sull’universo…
- Sì, ma poi si è fatto inquietante
- Ovvero?
- Diceva: «Esiste un’energia sconosciuta agli uomini che compone il 75% di tutta l’energia dell’universo e che ci allontana, ci porta via gli uni dagli altri. Tutto si allontana, tutto diventa polvere, tutto si consuma, tutto si spegne. Questa energia ci porterà alla morte». Anche io a quel punto mi sono svegliato, un po’ di soprassalto, in realtà, e poi non ricordo nient’altro.

Tornò il silenzio, questa volta totale.

Andrea e Paolo si fermarono a lungo a fissare il soffitto, come a cercare una risposta a una domanda che non sembrava avere senso, fatta di dualità e contraddizioni. Si sentivano troppo piccoli per capire un mondo infinitamente grande e troppo grandi per capire un mondo infinitamente piccolo. Il lavoro, le relazioni, la quotidianità non avevano più senso. Solo la parola, il logos, avrebbe saputo adattarsi a ogni tipo di dimensione, di relativismo, di interpretazione e, magari, di paradosso. Ed è proprio in quella dimensione che i due si rifugiarono, per sentirsi nuovamente a loro agio, per ritrovare conforto, per ricordarsi che, anche se qualcosa ci impedisce di trovare tutte le risposte, nulla ci impedisce di trovare sempre nuove domande.

- Hai qualche altro sogno da raccontarmi?
- Quanti ne vuoi. E tu?
- Anche
- Racconta allora
- Aspetta
- Dimmi
- Prima giriamone un’altra…

Di Gaspare Bitetto

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