Che errore mitologico!

Se Dei ed eroi possono sbagliare, noi possiamo imparare dai nostri errori.

Mensa Italia
5 min readNov 10, 2021

Tentativo, errore, riflessione, soluzione sono le azioni che hanno permesso di evolverci.

È l’errore che ci spinge al miglioramento, è l’errore che pone le basi della nostra crescita e per questo è fondamentale.

È tanto necessario da meritare un posto nell’Olimpo, sotto forma di dea; così, come la memoria e la giustizia avevano le loro in Mnemosine e Themis, l’errore meritava la propria divinità: Ate, la dea che camminava leggera sopra la testa degli Dei e degli uomini, inseguita perennemente dalle Litai, personificazione delle preghiere, che tentavano di portare soluzioni agli errori causati dalla Dea.

Errori come quello che portò Agamennone a litigare con Achille: un errore senza il quale Patroclo non sarebbe morto in battaglia e Achille non avrebbe dovuto vendicarlo nel leggendario duello con Ettore. Senza quell’errore l’Iliade non sarebbe stata la stessa.

Lo stesso Zeus fu vittima di Ate, dopo aver tradito la moglie Era con Alcmena ed essere arrivato sul punto di diventare padre di Eracle, il più forte dei semidei.

Preso dall’entusiasmo, Zeus dichiarò che il primo discendente della stirpe di Perseo sarebbe stato il re di Argo, destinato a regnare su tutti gli uomini, così Era, gelosa del tradimento, chiese ad Ate di convincere Zeus a trasformare quella dichiarazione in legge con un giuramento solenne e vincolante in modo da poter dare seguito a un diabolico piano: ritardare la nascita di Eracle e indurre prematuramente la nascita di Euristeo, trasformandolo così nel primo dei discendenti di Perseo a nascere e destinandolo a diventare re al posto di Eracle.

Il piano di Era per danneggiare il figlio adulterino del marito, però, si rivelò a sua volta un errore.

Secondo i piani di Era, impedire a Eracle di diventare re gli avrebbe anche impedito di ottenere lo status di eroe e quindi l’immortalità, ma fu proprio il re voluto da Era, Euristeo a ordinare a Eracle di compiere le dodici fatiche, le vere e proprie imprese che resero Eracle, infine, degno dell’Olimpo.

La storia di Eracle può essere vista non solo come la realizzazione dell’eroe e del suo cammino verso la grandezza, ma anche come il frutto di un errore iniziale a cui porre rimedio migliorando.

Essa rappresenta dunque l’importanza del fallimento, dell’errore iniziale necessario per progredire; è la metafora del concetto secondo cui si può trasformare, con impegno e perseveranza, un fallimento in un successo.

Come Eracle, che per porre rimedio all’errore del padre deve affrontare le sue fatiche, così chi si pone degli obiettivi spesso dovrà affrontare molti fallimenti prima di giungere al risultato desiderato.

Allo stesso modo, cosa accomuna molte delle invenzioni tecnologiche o delle scoperte sensazionali?

Certamente la mente brillante di chi le ha inventate o scoperte, ma il fattore comune a tutte le intuizioni sono gli errori compiuti prima di arrivare al risultato finale.

Le centinaia di prove fatte da Edison per arrivare alla lampadina o i rottami dei velivoli dei fratelli Wright prima del fatidico volo, i tentativi infruttuosi del sig. Dyson per il suo aspirapolvere o la scoperta casuale della penicillina, sono solo alcuni dei possibili esempi.

Ci sono anche delle invenzioni nate da dei veri e propri errori, come il pacemaker, inventato nel 1960 dall’ingegnere Wilson Greatbatch, il quale, mentre era intento a realizzare un dispositivo per la registrazione del ritmo cardiaco, montò al contrario un resistore, un componente elettrico. Quando si accorse del malfunzionamento del dispositivo, però, notò anche che quello emetteva impulsi elettrici uguali al regolare battito cardiaco. Greatbatch capì che un dispositivo del genere avrebbe potuto stabilizzare le aritmie, inventando così il primo prototipo di pacemaker.

Senza fallimento non c’è progresso. Lo sanno bene i gestori del Museum of Failure (Museo del Fallimento), in Svezia, dove è raccolta una curiosa collezione di oggetti contemporanei che, all’atto pratico, si sono rivelati dei flop; circa un centinaio di manufatti e prodotti commerciali raccolti in una collezione che celebra l’errore come nuova possibilità di partenza.

Parigi, Shanghai, Los Angeles sono alcune delle città in cui il museo ha portato la propria collezione che vanta la godibile Coca-Cola al caffè o l’indispensabile telefono che permette di inviare solo tweet, i Google glass, lo spremiagrumi Wi-Fi, il gioco da tavolo di Donald Trump, le penne bic solo per donne, il palmare di Apple, le lasagne della Colgate, e molti altri prodotti commerciali che sono stati degli insuccessi, ognuno corredato da una plausibile spiegazione del perché l’idea originale si sia infine tramutata in un fiasco.

L’idea di creare il Museum of Failure è stata dello psicologo e studioso di innovazione Samuel West che, nel 2017, frustrato dalla narrazione edulcorata delle storie di successo, decise di collezionare questi flop clamorosi e raccoglierli in un luogo che stimolasse la discussione sul fallimento e la sua capacità di ispirare coraggio e intraprendenza, ricordandoci che tutti possono commettere passi falsi prima di arrivare al successo e che è sempre possibile rialzarsi dopo qualsiasi caduta.

Dello stesso avviso è anche la professoressa Francesca Corrado che, a Modena, ha aperto la “Scuola del fallimento” con l’obiettivo (come si legge sul sito internet scuoladifallimento.com) di “costruire e diffondere una sana cultura del fallimento” per far sì che tutti comprendano che l’errore fa parte del progresso.

I corsi sono diretti ad aiutare manager e imprenditori ad accettare gli sbagli come momenti formativi.

La prof.ssa Corrado nei suoi seminari cerca di far comprendere come da un’idea fallimentare ne possa nascere una vincente. Insomma, come sbagliare possa tramutarsi in un’occasione per fare bene, riconoscendo l’errore come opportunità, piuttosto che come la fine di un percorso da vivere con frustrazione.

Ricordatevelo, quindi, la prossima volta che sbaglierete alla grande; dite «Grazie, Ate!» e non fatevi prendere dallo sconforto, perché il successo, a volte, potrebbe essere semplicemente nascosto dietro l’angolo.

Di Jacopo Pepi

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