All’immaginazione non si comanda

Mensa Italia
3 min readApr 28, 2023

Brevi cronache di incubi musicali

Quando si dorme, si immagina?

Facile rispondere che si sogna, ma io, tutte le mattine, quando mi sveglio, passo attraverso un mondo che non è sogno e non è sonno: è una specie di limbo durante il quale i neuroni preposti alla mia memoria si attivano e vanno a pescare nel mio passato musicale.

E così in quella fase di dormiveglia in cui non riesci ancora a capire che cosa ti sta succedendo e pensi a che cosa è accaduto ieri e a che cosa potresti aspettarti oggi, la mente è percorsa da una musica.

Non sono note a caso. I miei neuroni lavorano bene. Si tratta di una canzone, una canzone diversa da quella di ieri e diversa da tutte quelle passate.

Ogni mattina, inevitabilmente, i miei neuroni cantano, fregandosene della mia volontà. Non cantano la canzone che ho ascoltato ieri prima di andare a letto, non cantano nemmeno una delle mie canzoni preferite. La mia immaginazione lavora con molta più fantasia. Appaiata alla mia memoria profonda va a cercare nel passato remoto. Cerca canzoni che ascoltavo sessant’anni fa. Canzoni per lo più orrende, canzoni che non mi piacevano e non mi piacciono. E alla fine mi sveglio con in testa la casetta in Canadà, piccolina, con vasca e pesciolini e tanti fiori di lillà. Oppure mi trovo a canticchiare oh che bella panzé che tieni, che bella panzé che hai, me la dai, me la dai, una delle canzoni porno più vecchie che io abbia mai ascoltato.

Le voci di Nilla Pizzi, del duo Fasano, di Gino Latilla, del quartetto Cetra si impadroniscono dei primi minuti del mio risveglio e non mi abbandonano per tutta la giornata, contro la mia volontà. Solo la sera mi abbandonano. Qualche volta quella che io credo che sia la mia immaginazione notturna mi fa dono di qualcosa di più gradevole, mai più nessuno al mondo ti amerà così, perché nessuno al mondo soffrirà così, ma è una illusione, bastano pochi giorni ed ecco che subito arriva la famiglia delle trote blu che gira gira gira nel laghetto di montagna senza colpa né magagna, come mi è successo il 19 marzo.

Qualche giorno di pace, ma poi mi è piombato addosso quello che andava a piedi da Lodi a Milano per incontrare la bella Gigogin. Seguito a ruota dalla papera che al papero disse papà, pappare i papaveri come si fa?

Che fare? Niente. All’immaginazione non si comanda.

Se poi è una immaginazione che ti colpisce quando sei indifeso, quando non sei ancora sveglio e non puoi attivare gli scudi protettivi della tua razionalità, hai perso su tutti i fronti. Devi subire e devi sperare solo che avvenimenti improvvisi spaventino questi fantasmi provenienti dal passato e li cancellino dalla tua memoria al più presto.

Ma quello che devi sperare, soprattutto, è che la notte porti consiglio ai tuoi neuroni, i quali, servendosi di sinapsi meno rimbambite, ti consegnino una playlist di maggior pregio. Non pretendo Mia Martini o Fiorella Mannoia. Ma almeno Paolo Conte, Guccini, De André.

Ma so già che a partire da domani verrò invaso dalla voce sensuale di Julia de Palma che mi si dichiarerà tua, finalmente tua, fra le braccia tue, così.

Lo dico perché lo so, perché Julia finora non ha mai superato i confini della mia incoscienza mattutina, della mia immaginazione indifesa, quando un giorno è sicuramente finito ma un altro giorno non è ancora cominciato, come direbbe Gigi.

Claudio Sabelli Fioretti

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