Alla salute!

Cocktail “Il futuro”: due parti di paranoia, una di inquietudine, una di disperazione e una spruzzata di ansia. Shakerare e servire freddissimo, guarnito da una fetta di paura.

Mensa Italia
6 min readApr 26, 2020

Ogni società ha i suoi problemi e per questo fantasticare su nuovi ordini sociali è sempre stata un’occupazione popolare. Nel passato si versavano fiumi d’inchiostro per infondere speranza in mondi migliori, iniziando da quello che dovrebbe accoglierci dopo aver sofferto in questa valle di lacrime.

Nell’epoca delle esplorazioni geografiche si sviluppò l’illusione di trovare (o fondare) una Nuova Atlantide o una Città del Sole direttamente sulla Terra, ma sfortunatamente l’esperienza confermò che anche civiltà esotiche o in costruzione avessero poco di utopico.

Con l’esaurirsi di territori vergini sulla Terra, la speranza per il futuro si riversò sulla conquista dello spazio. Purtroppo anche in questo caso le notizie non sono delle migliori: siamo persi in una vastità fredda e indifferente, è difficile trovare pianeti abitabili e nel caso si trovassero, gli alieni probabilmente sarebbero creature ostili, l’universo è in espansione e tutti quanti finiremo prima o poi in un enorme buco nero.

La nozione di universo infinito e indifferente, combinata ai guai prodotti dalle varie “civilizzazioni” terrestri ha influito sulla percezione del futuro, oggi visto come angosciante, se non addirittura disperato. Il progresso tecnologico ha versato l’ultima goccia in questo cocktail di inquietudini.

Sul piccolo schermo, gli innumerevoli svantaggi di un progresso moralmente ambiguo sono stati illustrati nella serie da incubo Black Mirror. Sul grande schermo, le cose non vanno meglio. Nei film di fantascienza più “realistica” si descrive un futuro prossimo in cui la tecnologia è solo moderatamente più avanzata del presente e in cui i vari problemi terrestri sono ancora potenzialmente risolvibili.

Tuttavia questa narrativa non è particolarmente rassicurante. Guardare questi film è come bere un succo di frutta: sembra genuino e forse anche salutare, ma dopo averlo finito ci si accorge che era avariato e sicuramente ci procurerà acidità di stomaco.

Cominciamo con il succo di albicocca di Sunshine (2007), che si svolge nel 2057. Film di grande impatto visivo con atmosfere ambrate e inquietanti, narra della missione spaziale Icaro II inviata verso il Sole che si sta spegnendo, per cercare di riaccenderlo ed evitare il congelamento della Terra. L’equipaggio della missione incarna una visione tragica dell’umanità: gli astronauti sono schiacciati dall’enormità del Sole. Microscopici come formiche e sconvolti fino alla pazzia dalla loro impotente insignificanza, sembrano destinati a incenerirsi nella luce e nel calore estremo, mentre sulla Terra l’oscurità e il gelo prendono il sopravvento.

Beviamo un succo di pera con Interstellar (2014), che si svolge in un imprecisato ma prossimo futuro e pone inquietanti interrogativi etici. L’umanità ha bisogno di un pianeta dove trasferirsi perché ha sfruttato le risorse terrestri fino all’esaurimento. La NASA sta lavorando letteralmente underground alla ricerca di un pianeta abitabile e scopre un’apertura spazio-temporale che può essere usata come scorciatoia verso un’altra parte della galassia.

La parte scientifica è relativamente accurata e la storia è nota anche per gli incredibili effetti speciali, ma si è parlato poco degli aspetti morali. Focalizzato sul microcosmo del rapporto padre-figlia, il film trascura completamente la distruzione del pianeta, ovvero del nostro complesso e delicato ecosistema formato da milioni di organismi viventi. Sembra molto più importante che padre e figlia possano mantenere un rapporto affettivo nella quinta dimensione e consumare un commovente addio sulla mega-astronave che trasporta l’umanità verso il futuro. Lieto fine? Probabilmente non per il nuovo pianeta.

Se abbiamo ancora sete, prendiamoci un frullato misto. Ad Astra (2019) si svolge ugualmente in un imprecisato futuro prossimo, ma all’interno del sistema solare. L’astronauta Roy viene inviato verso Nettuno per scoprire l’origine di interferenze energetiche che minacciano la Terra. La causa potrebbe essere il Lima Project, missione ai confini del sistema solare alla ricerca di alieni, capitanata dal padre di Roy.

Sviluppata sul classico contrasto individuo/società, la storia non entusiasma né per gli individui, presentati come deboli, insicuri e persino folli, né per la società, persa a inseguire criminali idee di colonizzazione.

A questo punto si potrebbe sentire il bisogno di qualcosa di più forte. Allontanandoci dal futuro prossimo, troviamo vari scenari ricorrenti.

Il post-apocalittico a seguito di disastri naturali/tecnologici, in cui buona parte dell’umanità è stata distrutta, ma quella rimasta sta comunque facendo un ottimo lavoro per fondare società ingiuste, assurde e dittatoriali quanto le precedenti; le invasioni aliene, in cui ogni forma di vita extraterrestre è invariabilmente ostile; il progresso tecnologico spinto oltre i limiti etici, in cui ad esempio la clonazione è la norma, ma nessuno si preoccupa di sapere cosa ne pensino i cloni.

Cominciamo con un Negroni, classico mix di tre ingredienti, come Oblivion (2013). La Terra è stata semidistrutta da un’invasione aliena fallita e i superstiti umani vivono a bordo di una stazione spaziale, aspettando l’eliminazione degli ultimi invasori prima di rientrare sul pianeta. La “pulizia” spetta a una coppia di tecnici, assistita da inquietanti robot. Sembrerebbe un lavoretto facile e invece no. Gli alieni controllano ancora il pianeta e hanno creato una moltitudine di cloni dalla memoria cancellata, tra cui la coppia in questione. Anche nella migliore delle ipotesi, ovvero l’effettiva distruzione degli alieni, quello che resta del pianeta è un deserto, grigio e vuoto, con piccole oasi verdeggianti da cui fondare un futuro dalle ali tarpate. La nostalgia per un illusorio passato bucolico è simboleggiata dai dischi in vinile; gli orti casalinghi sostengono la fragile speranza per una rinascita che sembra possibile solo a livello tribale.

Sorseggiamo un Cosmopolitan con la saga di The Hunger Games, divisa in quattro capitoli per il grande schermo (2012–2015). In questo scenario del primo tipo, ventiquattro tributi umani devono lottare fino alla sopravvivenza di uno solo, come punizione per un’antica ribellione contro il governo centrale. L’idea è ovviamente riciclata dai combattimenti dei gladiatori nell’arena e dal mito del Minotauro di Creta, a cui Atene doveva inviare 14 tributi umani. La novità consiste nel fatto che l’eroina è una ragazza scorbutica e poco femminile, anche se attraente e molto atletica. La società in cui si muove, invece, sembra solo una versione più cinica e grottesca di quella contemporanea. Il futuro è una miscela tossica di passato e presente, tra intrighi di palazzo degni di Versailles, eccessiva attenzione all’immagine e intrattenimento-spazzatura per le masse. La storia collassa per mancanza di originalità e non offre alcuna visione, consolatoria o meno, del futuro. Diluita in quattro capitoli ci fa sentire come se avessimo bevuto quattro Cosmopolitan: ubriachi fradici, senza ricordarci di come fosse cominciata e senza aver capito come sia finita.

Passando allo scenario di terzo tipo, prepariamoci al fatto che sarà una fregatura, anche se l’aspetto è innocuo come quello di un succo d’arancia appena spremuto, solo che si tratta di uno Screwdriver con vodka talmente abbondante da stordire un elefante. Never Let Me Go (2010) inizia in modo tranquillo, anche se vagamente inquietante. In un periodo storico che dai costumi si potrebbe datare fine anni Sessanta, un gruppo di studenti vive in una specie di orfanotrofio. In realtà, si tratta di un futuro alternativo e i ragazzi sono cloni i cui organi verranno prelevati fino al “completamento”, ovvero di solito il terzo prelievo, dopo il quale il donatore non riesce a sopravvivere. È facile credere in questo mondo parallelo ma popolato da creature fin troppo simili a noi, in cui l’unico dibattito sui cloni verte sull’oziosa questione se abbiano o meno un’anima. Senza alcuna considerazione per la sofferenza altrui, questa umanità alternativa non ha alcun problema a usare i propri simili, dopo aver concluso che — ovviamente — non hanno diritto a vivere.

Per tirarci su il morale finiamo con un Gin Tonic grazie alla più improbabile delle storie d’amore. In WALL-E (2008), un’umanità obesa e passiva, rimbecillita dalla pubblicità e rimpinzata di cibo, orbita in una mega stazione spaziale, dopo aver distrutto il pianeta. La Terra è un immenso bidone di immondizia gestito da robot, tra cui WALL-E (Waste Allocation Load Litter: Earth Class) destinato a innamorarsi di EVE (Extraterrestrial Vegetation Evaluator). Nell’ipotesi di una Terra distrutta e di un’umanità de-umanizzata, questi due robot con la loro storia d’amore sono gli unici a offrire un po’ di speranza per il futuro.

Questo panorama cinematografico paranoico e disperato suggerisce l’idea che al momento la visione del futuro sia contaminata da una forte nostalgia per un passato percepito come rassicurante e da un’enorme inquietudine per tutto quello che sarà inevitabilmente destinato a cambiare. Di conseguenza, la frattura tra chi sostiene gloriose visioni di integrazioni multietniche e tecnologiche e chi vorrebbe tornare al passato sembra sempre più profonda e insanabile.

Ci aspetta un ritorno al futuro piantando patate negli orticelli post-apocalittici di Oblivion o gravitando in una sofisticata astronave verso un nuovo pianeta da mettere a ferro e fuoco? Nell’attesa, non ci resta che bere.

Di Daniela R. Giusti

QUID è la nuova rivista digitale del Mensa Italia, l’associazione ad alto Q.I., che raccoglie le competenze e le prospettive personali dei Soci, organizzandole in volumi monografici.

Scaricabile gratuitamente da https://bit.ly/Quid02_ilFuturo

QUID nasce con l’ambizione di confrontarsi senza voler ricomporre a tutti i costi un pensiero rappresentativo e prevalente, per proporre una lettura sempre aperta dei temi che stanno a cuore ai Soci del Mensa Italia.

--

--

Mensa Italia

Il Mensa è un’associazione internazionale senza scopo di lucro di cui possono essere soci coloro che hanno raggiunto o superato il 98º percentile del Q.I.